Obiettivo nuova logistica, le autostrade digitali

Ivano Russo
NAPOLI – Ivano Russo, direttore generale di Confetra, napoletano classe 1978 e una laurea con lode in Scienze Politiche e Storia delle Istituzioni Europee, proviene dal ministero dei Trasporti dove è stato dirigente presso il Gabinetto del ministro Graziano Delrio e prima ancora ha ricoperto molti altri incarichi prestigiosi. È considerato uno dei maggiori esperti europei di logistica e delle normative sui trasporti.
Relatore della Port&Shipping Tech con un importante contributo sulla visione europea e intercontinentale del comparto, parla con noi di questi temi alla vigilia della due giorni dedicata.
Direttore, come ha reagito l’Italia all’epidemia, sotto il profilo economico, rispetto agli altri paesi europei?
“Meglio degli altri paesi europei. L’Italia ha avuto universalmente riconosciuta la buona gestione dell’emergenza sanitaria ed anche dal lato economico, nel disastro generale, ha avuto le migliori performance europee durante la gestione del lockdown. Durante i 3 mesi più duri – febbraio, marzo, aprile – ha perso il 12,4% del PIL mentre la Francia il 14%, la Germania il 15%, la Spagna il 18,6% ed il Regno Unito addirittura il 21%.
Il mio giudizio quindi sulla gestione della crisi è positivo. Anche l’investimento dei 100 miliardi nei provvedimenti Cura Italia, Rilancio, Semplificazioni e Decreto agosto hanno ottenuto risultati, altrimenti oggi non avremmo 800.000 posti di lavoro in meno ma 3 milioni di disoccupati.
Eppure sull’economia in Europa restiamo indietro rispetto alle altre nazioni.
“Indietro lo eravamo già nel pre-Covid perciò le sfide dell’Italia post-Covid restano le stesse di prima dell’epidemia. Il nostro Paese nella fase emergenziale si dimostra quasi sempre più capace degli altri, ma nella normalità trascura e si porta dietro i problemi annosi che riguardano competitività, connessioni e marginalità geoeconomica globale. Problemi che non risolveremo senza mettere in atto finalmente una strategia compiuta che parta appunto dalla geoeconomia, dal commercio estero, dal commercio internazionale. Una strategia commerciale dinamica e competitiva che ci permetta di affrontare le grandi sfide che nella logistica riguardano come il paese è posizionato nel commercio internazionale. Abbiamo imprese straordinarie che riescono, grazie alla qualità dei loro prodotti, a presidiare l’export in alcune nicchie – nell’agrifood, nel fashion o nella moda, nell’auto motive – ma manca una visione complessiva del Paese proiettata nell’economia globale e soprattutto non ci sono le azioni conseguenti per provare a perseguire determinati obiettivi. Guardiamo ad esempio la discussione – abbastanza singolare – sui progetti per il Recovery Fund: giusto discutere sul non presentare singoli progetti per singoli porti senza una strategia, ma il vero problema è che non si parla di quale deve essere la strategia da mettere in campo.
Una strategia che manca da molto tempo..
“La stagione della politica estera italiana nel Mediterraneo è finita negli anni ’80, e sono finite anche le strategie più complessive come il dialogo tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Prima ancora c’era stata la stagione del neo-atlantismo, negli anni 60 con Mattei, La Pira… L’Italia non ha più una politica estera economica degna di questo nome. Lo vediamo nella guerra dei dazi: ci siamo trovati nella paradossale situazione di ritrovarci i dazi di Trump senza avere ottenuto neanche un euro di investimento cinese. Anche nei confronti della Brexit non abbiamo una strategia: tutti i grandi hub dell’e-commerce dovranno uscire dal Regno Unito per non rischiare di pagare dazi in caso di no deal. Il Regno Unito è l’hub commerce di tutte le piattaforme mondiali che ora stanno valutando se spostare i loro centri nell’Europa continentale: e la partita aperta è tra Francia ed Olanda.
Qual è il tipo di strategia di cui il Paese ha bisogno?
“Una strategia che unisca logistica e manifattura. Ad esempio: in Africa ci sono 14.500 imprese cinesi, di cui 8000 manifatturiere – e non logistiche – che stanno impiantando l’industria dell’auto motive prevalentemente ad alimentazione elettrica, della moda, del food per produrre ed esportare in Europa, loro mercato di riferimento. Grazie alla nostra posizione geografica potremmo diventare un hub che accoglie queste merci aggiungendo la lavorazione di ultimo miglio e la redistribuzione del prodotto, dato che – come è noto – i transiti da soli non generano ricchezza.
Un altro esempio per creare vera ricchezza: i porti di Livorno, Civitavecchia e Salerno specializzati in traffici ro-ro e auto motive con autoparchi potrebbero attrezzarsi per ricevere le auto elettriche 2.0 che le case automobilistiche cinesi stanno costruendo in Africa e poi sul territorio retro portuale organizzare l’omologazione europea energetica ed aggiungere il nostro design, peculiare eccellenza italiana di cui Cina ed Africa sono privi. Questa secondo noi è una strategia: un disegno quindi di politica industriale economico logistica che include una componente di relazioni economiche internazionali con un progetto di priorità manifatturiera in settori in cui il nostro paese eccelle e nel quale c’è l’offerta logistica dei porti. E come queste potremmo citarne altre dieci. Strategie logistiche globali quindi, non legate solo a singoli progetti.
“Per avere un ruolo globale da dove dovremmo partire, e quali sono i limiti che abbiamo?
“Avere una strategia è solo il primo passo; in Italia storicamente manca il dibattito sulla logistica a differenza di altri paesi, come la Germania, che presidiano i mercati globali con i loro campioni nazionali (DHL, DB Schenker etc.) grazie alla costruzione di un’industria logistica completa con trasporti terrestri, marittimi, aerei, poi con corrieri; costruendo e sostenendo le imprese, semplificando con un adeguato quadro normativo e regolatorio e costruendo anche le infrastrutture. In Italia il tema è invece sempre e solo stato quello delle infrastrutture – che definisco ormai “arma di distrazione di massa” – ma il problema della logistica non coincide con quello delle infrastrutture. Queste sono solo il titolo di un capitolo di un libro, che però di capitoli ne contiene almeno 5 o 6.
“Connessi o disconnessi?” è il titolo che avete dato alla recente assemblea Confetra, quale risposta vi aspettate?
“La risposta a questa domanda ci sarà dal come il Paese deciderà o meno di darsi quella politica completa di trasportistica e logistica di cui abbiamo parlato; che non significa solo politica delle infrastrutture ma include anche il tema su cui il mondo si sta dividendo e che rappresenta il nuovo orizzonte della logistica: quello delle autostrade digitali. L’approdo dai big data agli smart data, precondizione per l’intelligenza artificiale, per l’internet delle cose, passa tutto per il potenziamento della rete 5G. Oggi dovremmo iniziare a ragionare in termini di trasporto merci e trasporto dati: chi fa logistica non può prescindere dai dati, perché la logistica si fonda proprio sulla gestione dei dati e della merce, del consumatore, del vettore. È dunque un fattore abilitante, se non il primo fattore, della competitività della logistica nazionale; a mio avviso non meno del costo del lavoro e degli altri tradizionali fattori di competitività.
Cinzia Garofoli