Interporto Prato i grandi obiettivi nel nuovo piano
PRATO – Direttore generale in carica da quasi un anno il dottor Daniele Ciulli ci parla del nuovo corso dell’Interporto della Toscana Centrale. Il grande polo logistico, nato 34 anni fa con lo scopo di favorire e sviluppare l’intermodalità ferrogomma e migliorare la catena delle forniture e delle filiere manifatturiere del territorio regionale, ha recentemente presentato un piano industriale con importanti novità negli obiettivi.
Dottor Ciulli, in cosa si sostanzia il nuovo corso dell’Interporto della Toscana Centrale?
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Nel concentrare le nostre attività in particolare nel settore dell’intermodalità. L’Interporto della Toscana Centrale persegue tre diverse aree di affari: immobiliare, intermodale e logistica, ma il suo core business è sempre stato la gestione immobiliare. Nonostante la crisi che negli anni scorsi ha colpito duramente l’area pratese è stato realizzato un consolidamento del patrimonio che oggi ci permette di porre le basi di una nuova strategia per il triennio 2018/2020. Nel mese scorso grazie al finanziamento della Regione Toscana si è conclusa la vendita al Ministero dei Beni Culturali di un’area vasta all’interno dell’Interporto sottoposta a vincolo archeologico per il ritrovamento di importanti resti etruschi; questo ci ha permesso di attivare operazioni con il Comune di Prato che prevedono l’edificazione di nuovi capannoni e magazzini. Un’ulteriore area che è in attesa della chiusura del procedimento di VIA dovrebbe essere disponibile entro il 2018 per 160mila mq sul Comune di Campi Bisenzio con una capacità edificatoria di circa il 50%. Il punto però è che attualmente, solo per quanto riguarda le aree coperte, abbiamo una richiesta per circa 220mila mq a fronte di una capacità edificatoria di 13mila mq, senza considerare poi la richiesta di aree scoperte e di parcheggio camion. E’ dunque una fase di netta espansione e di richiesta di aree, ma la zona è già satura perciò, per quanto si possa continuare a lavorare nell’immobiliare, ecco che il nostro focus necessariamente deve essere diretto sull’intermodale.
Come siete strutturati dal lato intermodale e quali sono i piani di sviluppo?
Abbiamo una piattaforma ferroviaria di circa 110mila mq con 11 binari di cui 4 di oltre 700 metri, come richiesto dagli standard europei; caratteristiche che ci hanno permesso di essere ritenuti una infrastruttura strategica ed essere inseriti nel corridoio Scandinavia-Mediterraneo TEN-T. Per sviluppare l’intermodalità utilizzeremo le risorse che arrivano dall’attività immobiliare privilegiando le offerte dei soggetti interessati agli affitti o alla vendita considerando anche quanto offrono in termini di incremento occupazionale, di volumi previsti nell’intermodale con l’utilizzo della piattaforma, di attenzione all’ambiente e alla qualità. Il nostro obiettivo cioè è quello di promuovere, oltre allo sviluppo intermodale, anche una catena logistica green. Entro il 2018 avremo inoltre un distributore di GNL all’interno dell’Interporto e ciò attrarrà anche automezzi più ecologici. In pratica la parte immobiliare verrà valorizzata e lavorerà in sinergia con l’area di sviluppo intermodale. Ci attendiamo buoni risultati a partire già da quest’anno per il triennio 2018-2020.
Con riguardo ai treni vorremmo fare dei volumi contenuti ma in modo continuativo; nelle nostre previsioni c’è settimanalmente una coppia di treni per il 2018, tre nel 2019 e cinque nel 2020; avremmo un risultato positivo poiché i costi fissi sono stati già assorbiti negli anni precedenti.
Verso quali porti ed aree andrete a sviluppare i traffici intermodali?
Con la società Prato Container Terminal – che si occuperà di sviluppare il traffico intermodale sulla piattaforma con trasporti di container pieni e vuoti a camion e su rotaia dai porti di Livorno, La Spezia e Genova – prevediamo di realizzare treni già nel primo quadrimestre 2018. L’obiettivo è creare un punto di distribuzione della merce in contenitori dall’interporto ai porti marittimi più importanti, forse anche al porto di Trieste. Con un deposito vuoti otteniamo il vantaggio competitivo di gestire da questo punto di distribuzione i volumi, sia a camion che a ferrovia, evitando di riportare il contenitore vuoto alla destinazione di origine. Considerando che l’area di nostra competenza è vasta ed ha un importante bacino di utenza dal lato manifatturiero, dell’export in particolare, avere un hub per i vuoti offre prospettive molto positive.
In attesa che terminino i lavori infrastrutturali per adeguare le gallerie sul transito Bologna-Firenze, che attualmente non consentono di caricare sui treni i semirimorchi, stiamo lavorando per realizzare volumi a ferrovia verso il Nord Europa. E’ chiaro che con l’apertura del San Gottardo diventa concorrenziale accedere ai mercati del Nord Europa con il treno. Le condizioni sono quindi favorevoli per agganciare questo tipo di sviluppo.
Che risultati offre il fast corridor, attualmente e in prospettiva?
Il fast corridor è uno strumento molto interessante e gli interporti devono cogliere questa opportunità, ma al momento dall’Agenzia delle Dogane non vengono concessi nuovi corridoi doganali in attesa che il Tar si pronunci sulla controversia presentata da alcuni spedizionieri. L’attuale corridoio che abbiamo è quello su gomma da Livorno che oggettivamente non produce buoni risultati mentre più interessante sarebbe poter fare corridoi doganali su rotaia dai porti che sono quelli naturali per l’area pratese ovvero La Spezia o Genova. Ci auguriamo che Livorno sviluppi traffico, anche se dal punto di vista intermodale non rappresenta una distanza interessante, non presenta cioè vantaggi rispetto al tutto gomma. Potrebbe invece essere interessante creare un’attività di deposito nel porto di Livorno per il tutto gomma.
In quali nuovi ambiti vi state muovendo?
Siamo interessati a progetti di logistica urbana che diano un valore a tutto il nostro territorio. Stiamo sviluppando un progetto di gestione della parte logistica per le fiere che si tengono nella Fortezza da Basso di Firenze con l’obiettivo di ridurre l’impatto della logistica e quindi dei mezzi pesanti che oggi accedono all’area urbana già congestionata dal traffico, e più che mai oggi considerando i lavori in corso per la realizzazione della tranvia. L’idea, che è stata ben accolta dalla società Firenze Fiere, è di far depositare all’interno dell’interporto i materiali di allestimento per poi trasferirli successivamente nel modo meno impattante al punto Fiera. Il progetto ha la capacità di migliorare l’efficienza logistica ed ambientale e potrebbe essere riproposto anche per aspetti di logistica urbana tradizionale, non solo a Firenze ma anche a Prato. Quella di poter incidere positivamente sulla mobilità dei cittadini è una scommessa che ci motiva.
Che cosa ritiene funzionale allo sviluppo intermodale?
Dovrebbero essere creati dei poli di attrazione a livello nazionale. Né Prato, né Mortara, forse neanche Verona, a mio parere, potranno raggiungere i volumi sufficienti per fare treni continuativi con la Cina. Se vogliamo ad esempio sviluppare questo target – che peraltro per noi è un obiettivo, sia perché Prato ha la più grande comunità cinese d’Europa sia per la tipologia di merce ad alto valore aggiunto che trasportiamo, quindi attrattiva per il trasporto ferroviario – dovremmo far confluire i volumi in un unico hub nazionale (che potrebbe essere Verona, Padova o Milano) dove fare la ricomposizione per distribuire la merce con treni a lunga gittata. Questo a mio parere sarebbe un grosso volano per un vero sviluppo del traffico ferroviario.
Cinzia Garofoli
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