Livorno, la maledizione sui bacini
Alla vigilia della gara per la gestione, entrambi i complessi sono fuori uso – E le stime tecniche parlano di almeno 20 milioni di euro per ripristinarne le funzioni – Le urgenze del cantiere Benetti
LIVORNO – Il bacino galleggiante “Mediterraneo”, che doveva andare in gara per la gestione entro la fine di settembre, è stato di fatto semi-affondato dalla nave oceanografica Urania che è “caduta” dalle taccate durante la manovra di sollevamento. Un danno grave alla nave, una tragedia umana quasi incredibile, con un operaio morto schiacciato all’interno della nave dal materiale che gli è scivolato addosso quando l’Urania si è inclinata (probabilmente per il cedimento di una o più “taccate”) e una decina di altri feriti.
[hidepost]E un danno altrettanto grave per il cantiere navale Benetti, bloccato per buona parte dei vari e specialmente degli alaggi degli yachts più grandi che a fine stagione estiva vengono in genere a terra. Con il bacino grande in muratura da anni inutilizzabile – la sua barca/porta è finita in fondo al porto due anni fa e non è stata più ripescata: ma anche tutto il sistema delle pompe e degli apparati elettrici è da anni ridotto a rottami – il Mediterraneo era rimasto l’unico sistema utilizzabile per il grande cantiere nautico. E si teme adesso che l’inchiesta della magistratura possa bloccare per chissà quali tempi le urgenti riparazioni di cui il Mediterraneo necessita. Insomma, il porto di Livorno che anni fa aveva il più importante sistema di bacini di carenaggio d’Italia e uno dei primi del Mediterraneo, oggi è di fatto fuorigioco: per quella che qualcuno ha voluto definire una maledizione alla Montezuma …. E che richiederà un’aggiunta di spesa a quei 20 milioni di euro che qualche anno fa una perizia del Rina fatta fare dalla locale Camera di Commercio aveva indicato come indispensabili per rimettere in funzione il bacinone.
Le inchieste in corso dovranno stabilire come è potuto accadere che una nave di 61 metri, dunque ben sotto la portata massima del Mediterraneo, si sia coricata su un fianco durante l’operazione di messa in secca, sfondandosi in carena con una o più taccate e perforando con le stesse (o altre) taccate il fondo del bacino, fino a farlo affondare. La morte dell’operaio elettricista impegnato nelle operazioni a bordo della nave, che si svolgevano per conto del cantiere Montano – che aveva di recente jumboizzato l’Urania e che stava procedendo a una verifica del bow trhuster per alcune vie d’acqua – è uno dei pochi dati accertati con sicurezza: il giovane è stato travolto e schiacciato da pesanti materiali che nello sbandamento dell’Urania gli sono piombati addosso. Un secondo operaio è stato salvato grazie al quasi miracoloso intervento del personale della motovedetta CP 867 della Capitaneria che a tre minuti dal disastro è salito a bordo dell’Urania, ha immobilizzato su una barella spinale l’infortunato e l’ha trasportato all’ambulanza nel frattempo accorsa in banchina. I soccorsi sono stati velocissimi anche da parte dei vigili del fuoco e dalle squadre del cantiere, malgrado la situazione apparisse pericolosissima per chi si avvicinava. Un maledetto insieme di fattori che ha reso drammatiche le conseguenze di un incidente tutt’altro che unico.
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