Ho visto il porto del dopodomani: è a Lobito, in Africa
Un gigantesco progetto ferroviario euro-americano: e ora Trump cosa farà?
LOBITO (Angola). Era il 1928 quando il governo portoghese, stanziatosi in Angola coi crisimi dell’ufficialità dopo la Conferenza di Berlino, fondò, nella provincia di Benguela un porto di acque profonde, con fondi fra i 15 e i 36 metri: il porto di Lobito. Lobito si trova in una posizione strategica, nella costa atlantica, al centro del paese, a sud della capitale Luanda. Proprio a causa di queste catteristiche logistiche e geografiche favorevoli, il porto di Lobito è diventato, da pochi anni, uno degli scali più importanti non soltanto dell’Africa, ma di tutto il mondo. Nel 2024 ha movimentato 1,5 milioni di tonnellate di merci: ancora un’inezia, in rapporto ai principali porti mondiali, compresi quelli mediterranei, ma nei prossimi anni queste cifre sono destinate ad aumentare esponenzialmente.

Al lavoro sulle banchine del porto africano di Lobito (Angola)
Tutto gioca intorno alla necessità, per Europa e Stati Uniti, di importare terre rare, ormai diventate più importanti di gas e petrolio, e già motivo di vari conflitti. La pace in Ucraina, per esempio, passa anche dalla disponibilità di Kiev nel cedere queste preziose materie prime a Trump e Musk.
Lobito è stato scelto dal G7 del maggio del 2023, e poi sancito con un accordo Unione Europea-Stati Uniti al summit del G20 a settembre di quello stesso anno, a Nuova Dheli, come porto di riferimento del più grande corridoio logistico africano. E sarà il primo a essere implementato sotto l’egida della Partnership per Infrastrutture e Investimento Globale da parte del G7. Gli accordi formali (Memorandum di Intesa) sono stati firmati durante il Forum Global Gateway dell’ottobre 2023 fra Unione Europea e Stati Uniti, come soggetti finanziatori, insieme ai governi di Angola, Zambia, Repubblica Democratica del Congo, Banca Africana di Sviluppo e Africa Finance Corporation. Nelle ultime settimane anche il governo tanzaniano ha manifestato interesse a far parte di questo mega-progetto, fatto che comporterebbe lo spostamento degli asset economici e commerciali del governo di Dodoma dall’Oceano Indiano a quello Atlantico.
Da Lobito partirà (ma i lavori sono già iniziati) un corridoio logistico che congiungerà Angola, Zambia, Repubblica Democratica del Congo, mediante una linea ferroviaria che si estenderà per 1344 Km all’interno dell’Angola, collegando il 40% della sua attuale popolazione, continuerà in Zambia nella Repubblica Democratica del Congo (circa 400 Km) e, forse, in Tanzania, prefigurandosi come il “corridoio dei due oceani”, dall’Indiano all’Atlantico. L’obiettivo di sfruttare le terre rare presenti nei tre paesi è già stato avviato: presso Longonjo, nella provincia angolana di Huambo, sono stati aperti 369 fori, estratte 150 tonnellate di terre rare in via sperimentale, i cui campioni sono stati inviati a laboratori australiani per un primo test. 1500 circa i posti di lavoro diretti creati soltanto in questa parte dell’Angola. Il Corridoio è gestito al momento dalla società Lobito Atlantic Railway, che nel 2022 ha vinto la gara trentennale di concessione. L’entità è formata da Trafigura (Singapore), Mota-Engil (Portogallo) e Vecturis (Belgio).

Terminal contenitori nel porto angolano di Lobito
Gli Stati Uniti – attraverso Development Finance Corporation – hanno già investito 550 milioni di dollari, completati poi sino a giungere alla cifra di 1,6 miliardi, al fine di acquisire 1500 vagoni, 35 locomotive, con lavori di adeguamento del porto di Lobito. L’amministrazione Biden aveva assunto (con tanto di ultima visita presidenziale dell’ex-inquilino della Casa Bianca proprio in Angola) come strategico il Corridoio di Lobito; resterà da vedere se Trump vorrà continuare su questa strada, o deciderà di dismettere anche questo importante asset economico-commerciale, lasciando all’Europa il compito di finanziare gran parte dell’infrastruttura.
L’Unione Europea, dal canto suo, ha concordato recentemente, a Parigi, col presidente angolano João Lourenço uno stanziamento di quasi 80 milioni di euro per accelerare la costruzione del Corridoio.
La joint-venture politico-economica euro-americana deve essere letta anche in funzione anti-cinese. Essa, infatti, rappresenta una via alternativa alla Belt and Road Initiative, a cui moltissimi paesi africani hanno aderito. Pechino risulta essere da decenni la prima presenza economica in Africa; soltanto nel 2023 ha investito nel continente 1,8 miliardi di dollari, con un quasi-monopolio rispetto all’estrazione di terre rare e metalli critici. Ad esempio, la Cina estrae più dei due terzi del cobalto a livello mondiale, una materia prima indispensabile per batterie, per aumentare la durezza di acciai e leghe, per la produzione di materiali magnetici. Dal Corridoio di Lobito, in particolare in Congo e Zambia, sono stati estratti (dati 2022) più di 3 milioni all’anno di rame, mentre l’Angola possiede 32 dei 51 metalli critici necessari per la transizione ecologica e tecnologica. Da ricordarre che fu proprio la Cina, nel 2006, mediante la China Railway 20 Bureau Group Corporation (CR-20) ad avviare i lavori di ristrutturazione del corridoio ferroviario da Lobito a Luau…Insomma, la battaglia economica per il Corrodoio di Lobito è appena iniziata, e starà soprattutto all’amministrazione Trump decidere se continuare in quella direzione, oppure abbandonare il progetto, lasciandone l’incombenza alla sola Unione Europea, con la Cina a fungere da spettatore interessato.
Luca Bussotti
Luca Bussotti è africanista, docente universitario in atenei del Mozambico (Maputo), del Portogallo (Lisbona) e del Brasile (Recife), visiting professor all’università di Milano