So che sanno che sappiamo
Niente paura, il gioco di parole del titolo non riguarda voi lettori. Vorrebbe essere, appunto, un gioco rivolto chi continua a ritardare l’attesissima e indispensabile riforma portuale, con annessi e connessi. Sia chiaro che anche chi, come me, non ha mai fatto politica, non ignora i mille “cancelli” che chi governa deve superare per arrivare al dunque. Altrimenti c’è il metodo Trump: che ogni tanto mi verrebbe da rimpiangere per questo nostro paese perennemente in attesa.
Sorvoliamo. Torno alla riforma della riforma della riforma: definizione ironica ma reale perché siamo al terzo step. Perché non parte? Perché, per quello che io so, non ci sono accordi tra partiti su alcuni passaggi che riformerebbero davvero: le “pagelle” ai presidenti delle Autorità di Sistema Portuale (Adsp); le semi-privatizzazioni alla spagnola; la riduzione del numero dei sistemi; un sistema di controllori centrali che accentri le troppe interferenze di una pletora di ministeri e di enti, tutti l’un contro l’altro armati per difendere il proprio potere…
Non aggiungo altro, ma già questi temi sono un quadro significativo. So anche – vedete? – che non si fanno i presidenti scaduti e in scadenza perché il mercatino delle vacche è impostato in chiave partitica: il colore di ciascuna Regione dovrebbe riflettersi nella presidenza della relativa Autorità di Sistema Portuale. Semplice? Mica tanto: ci sono Adsp divise tra due regioni di colore diverso; e ci sono, anche dove il colore è unico, le beghe personali dei vari “boss” locali, delle interferenze dei “boss” non locali (Roma), degli interessi imprenditoriali legittimi o un po’ meno. Eccetera.
Per chiudere, so che sapete che so anche perché il cluster portuale quasi ovunque sta zitto e aspetta. Poche vocette, isolate e a toni bassi; ma alla fine i “pollai” danno ancora uova e dunque, tiremm innanz. O non è così?