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IL CASO

Sos Grana Padano, i dazi di Trump sono una batosta da 100 milioni

Berni: è bizzarro dire che nei prodotti “premium” non avremo impatti troppo negativi

Stefano Berni

DESENZANO DEL GARDA (Brescia).  Macché minimizzare gli effetti dei dazi decisi  da Trump: è davvero una panzana l’idea che i cosiddetti “prodotti premium” (cinesi Parmigiano Reggiano e Grana Padano) non avranno impatti troppo negativi. Parola di Stefano Berni, direttore generale del Consorzio Tutela Grana Padano.

Il consorzio raggruppa una galassia di realtà (122 aziende di lavorazione, che gestiscono 135 caseifici produttivi, 142 gli stagionatori e 197 preconfezionatori di porzionato, grattugiato e Cet): nel 2024 hanno lavorato 5,6 milioni di forme (il 3,3% in più  rispetto all’anno precedente) trasformando 2,9 milioni di tonnellate di latte munto in 3.576 stalle. Vale la pena di aggiungere che l’intera filiera produttiva del prodotto a denominazione d’origine protetta più consumato nel mondo conta su 50mila persone coinvolte. Tutto questo crea una produzione lorda vendibile di formaggio consumo è stata di 4 miliardi di euro, il 52% dei quali come export: il Grana Padano si conferma così «il formaggio Dop più consumato nel mondo».

Il direttore del consorzio del Grana Padano scova come «inconfutabile prova» delle sue affermazioni il fatto che, «quando nel 2014 l’embargo russo post-invasione in Crimea bloccò completamente le oltre 40mila forme annuali che si stavano vendendo in Russia, Il danno allora venne quantificato a posteriori in quasi 100 milioni di euro di cui 15 milioni circa per l’invenduto ma gli altri 70/80 per l’abbassamento delle quotazioni di mercato di tutto il formaggio».

Berni ne ricava una stima: «Di conseguenza il nostro calcolo è che potremmo perdere a causa di questi dazi 35-40mila forme in Usa con un danno diretto per l’invenduto di circa 25 milioni di euro ma con un più rilevante danno indotto sul magazzino in cui attualmente vi sono circa 6 milioni di forme per un valore medio di circa 2,3 miliardi di euro». Da tradurre così: basterebbe che il formaggio perdesse «appena un 3% del suo valore (solo circa 30 cent al chilo)» per essere colpiti da una batosta indotta nell’ordine dei «75 milioni di euro».

A giudizio del Consorzio, dunque, i dazi aggiuntivi del 20% potranno gravare sul sistema Grana Padano «per circa 100 milioni di euro nei suoi primi 12 mesi di applicazione» (tenendo presente che, ovviamente, «se non si trattasse di prodotto a lunga stagionatura il danno indotto sarebbe assai più lieve»).

Il direttore generale però ci tiene a non alzare bandiera bianca: il 51,2% della produzione 2024 è andata all’estero, e ora ci si sta in uno sforzo di esportare il prodotto in paesi extra-Usa («finora rappresentano neppure l’8% del totale esportato, quindi non possiamo inventarci nulla di aggiuntivo all’estero»). Ma – avverte – «così come ce la siamo cavata post embargo russo e post dazi 2020 di Trump, ce la caveremo anche stavolta, però è una grave penalizzazione di cui faremmo molto volentieri a meno».

Pubblicato il
8 Aprile 2025

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