Le origini di Livorno cosmopolita

LIVORNO – Le origini della città livornese, tante volte raccontate anche a livello di romanzo (ben noto quello di Ottomana Fallaci “Un cappello pieno di ciliegie”) hanno adesso anche un testo divulgativo ma storicamente ineccepibile, presentato giovedì scorso dalla Fondazione Livorno di Luciano Barsotti. L’incontro di presentazione, nella sede della Fondazione in piazza Grande 23, è stata presentato dallo stesso presidente Barsotti con la partecipazione di Giovanna Cepparello, assessopre comunale, Vittorio Mosseri, presidente della Comunità Ebraica locale e Lucia Felici, professoressa di Storia Moderna all’università di Firenze e curatrice del volume.

La presentazione del volume e la storia delle origini della città, la più cosmopolita dell’epoca grazie alle illuminate leggi livornese dei Medici, è stato il professor Marcello Verga, ordinaria ario emerito di storia moderna dell’università di Firenze.

Il libro si avvale degli studi di specialisti che nel tempo si sono occupati della storia di Livorno: Stefano Villani, già docente nell’Università di Pisa ora professore nell’Università del Maryland; Daniele Edigati, ordinario di Storia del Diritto, nell’Università di Bergamo; Lucia Frattarelli Fischer, che a lungo si è occupata della presenza delle minoranze religiose e della storia della città di Livorno; Lorenzo Benedetti e Massimo Bomboni, due giovani dottori di ricerca che hanno già pubblicato importanti volumi sulla presenza dei Greci ortodossi a Livorno e sul ruolo della famiglia olandese dei Lus nello sviluppo del commercio del porto di Livorno a fine Cinquecento.

Questa edizione, curata dalla Casa Editrice Viella di Roma, si propone di divulgare i tre testi delle Livornine – già in parte pubblicati, ma di difficile reperimento – corredati di saggi che ne ripercorrono la storia e ne analizzano il significato (giuridico, politico e culturale), le caratteristiche e i limiti, dalla promulgazione al XVIII secolo.

Scopo del libro è contribuire allo studio della tolleranza religiosa nell’Europa moderna e indurre una riflessione sulla convivenza multiconfessionale, additando a un vasto pubblico questo esempio straordinario di società nata nell’Italia della Controriforma grazie alle Livornine, che permise alla città, pur nei suoi limiti, di diventare un modello di convivenza religiosa esemplare nella storia della tolleranza dell’Europa moderna.

La legge del 1593, conosciuta come Livornina, concesse la possibilità agli ebrei sefarditi e a diverse comunità acattoliche di vivere secondo la propria fede e il porto della Toscana si trasformò in un porto franco internazionale, aperto a popoli, fedi e culture, nello scenario delle relazioni globali dell’età moderna. Per privilegio sovrano, furono invitati a stabilirsi a Livorno “mercanti di qualsivoglia nazione, Levantini, Ponentini, Spagnoli, Portoghesi, Greci, Todeschi et Italiani, Hebrei, Turchi, Mori, Armeni, Persiani et altri” con garanzia di libertà religiosa e privilegi economici, ma anche con l’impegno a concorrere alla prosperità del Granducato. La legge favorì principalmente la nascita di una grande comunità ebraica ma numerosi furono anche gli insediamenti acattolici.

Nacque così una “città delle nazioni” che, pur nei suoi limiti, rappresentò un modello di convivenza religiosa e di prosperità economica nel teatro dei conflitti religiosi dell’epoca. Su questa peculiarità, in particolare, si sofferma il dossier a colori di cui è arricchito il volume.

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