L’evoluzione umana finirà con i robot?
Il tema è caldo, anzi è rovente: l’intelligenza artificiale, i robot umanoidi, il predominio dell’informatica avanzata, il cellulare di ultima generazione che copia e modifica i volti…insomma c’è chi apprezza e chi invece comincia a spaventarsi. Come il lettore F.F. che ci ha mandato questa mail:
Ne avete scritto più volte anche voi: la cosiddetta intelligenza artificiale, o IA per chi ama le sigle, sta diventando un passaggio universale nelle attività umane che non si riesce a capire dove finirà. Poi ho visto che in una recente mostra dedicata alla robotica, sono stati presentati “assistenti domiciliari”, ovvero cameriere, che altro non sono se non robot molto umanizzati. E mi ricordo sul tema un vecchio film italiano in cui un robot cameriera dalle sembianze femminili finisce per innamorarsi del “padrone” e combinare un sacco di guai. Un paradosso, certo: ma se fosse la parodia di una preoccupazione che si sta diffondendo?
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Il film citato era una parodia: ma basta scorrere internet per trovare decine e decine di altri film in cui i robot s’innamorano degli umani o viceversa, e non sempre con finali divertenti, ma anzi con oscure tragedie. E del resto la paura dell’uomo-macchina risale a Frankenstein nell’epoca moderna, ma se si guarda al passato anche le civiltà più antiche temevano la macchina umanoide: nella conquista dell’impero degli Aztechi, Cortez fu facilitato dal fatto che gli spagnoli chiusi nelle corazze e su cavalli catafratti gettavano il terrore tra i guerrieri locali che li scambiavano per esseri soprannaturali di ferro e fuoco.
Difficile entrare nel cuore della questione, se non riconoscendo le paure ataviche dell’uomo verso fatti, oggetti o anche semplici immagini che non capisce e considera aliene. I più seguiti specialisti sull’IA sostengono che robot e intelligenza artificiale sono soltanto strumenti: molto evoluti, ma sempre pilotati dall’uomo. Che può usarli per il ben e o per il male, esattamente come un tempo la clava e oggi il laser. Detto anche “raggio della morte”.
Cerchiamo di prenderla alla leggera con il disegno che abbiamo pescato in una rivista americana.
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