BRUXELLES – Per ora i fautori della rivoluzione “green” dei trasporti tengono ancora duro: ma sto sempre di più i paesi dell’UE che chiedono di allungare in termini di libero utilizzo dei motori endotermici storici, benzina e diesel. Perché l’auto “green”, ovvero quella totalmente elettrica o quel compromesso che è l’ibrida, sta registrando cali drammatici delle vendite in quasi tutti i paesi, salvo – caso un eco – la Danimarca. In Italia si parla di un calo vicino al 40% nell’anno in corso, su cifre che tra l’altro erano già tra le più modeste nel continente.
Quanto ci sia di reale nella campagna contro l’E-car, tra difetti, difficoltà di rifornimento, incendi delle batterie ed altro, è difficile appurarlo. Un dato però è certo e confermato: l’auto europea sta perdendo la battaglia contro quella cinese. Secondo gli ultimi rapporti, visto il tasso di cresciuta dell’industria automobilistica cinese, nel 2030 un terzo delle auto che viaggeranno in Europa sarà costruita in Cina. È la globalizzazione, e bisogna prenderne atto. Come si sta prendendo atto che tutto il mondo legato all’automobile perde migliaia di posti di lavoro in Europa, a cominciare dalla Germania e dall’Italia. Forse ne nasceranno altri per la manutenzione dell’E-car, ma bisognerà aspettare.
E chi rimane senza lavoro?