ROMA – Come temuto ed anche annunciato, continuiamo in Italia a sforzarci in inutili e sterili dibattiti associativi sulle problematiche, ormai patologiche, oserei dire genetiche, degli assetti regolamentari che concernono la logistica portuale, ma poco si fa per utilizzare il framework legislativo a disposizione, aggiungendo nuovi tasselli che non fanno che peggiorare un quadro caotico che ben definirei da far west portuale a cui siamo ormai abituati.
L’elemento davvero strano è che tutti, dico tutti indistintamente – ovvero la ventina di Associazioni del settore -, si lamentano della disomogeneità di regole che impatta sulla corretta competizione in ambito portuale. Ormai siamo abituati da decenni a sentire la solita litania che nel settore portuale ognuno fa di testa propria lasciando il campo all’arbitrarietà.
Sul tema sono impegnato da svariati mesi con i colleghi di Confitarma ed Assiterminal nel cercare di interpretare e, soprattutto, correggere i molti errori concettuali e formali derivanti dalle Linee-Guida del c.d. DM 202/2023 meglio noto come “Decreto sulle Concessioni”. Innanzitutto, è davvero strano che l’Associazione (Assoporti) maggiormente interessata su tale oggetto non abbia fatto sentire tecnicamente la propria voce; forse potremmo definirla una situazione di “rigetto organico” visto che, in pura teoria, il suddetto provvedimento doveva essere applicato a tutti i procedimenti concorsuali a decorrere dal nuovo anno. Ma, al momento, sembra ciò non risulti accadere; e molte AdSP si sono affrettate a pubblicare i processi di gara prima della scadenza dello scorso anno, oppure di fatto stanno disapplicando il provvedimento che, come detto, solo in pura teoria dovrebbe finalmente contribuire all’agognato obiettivo di avere regole eguali per tutti.
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