Mar Rosso, impotenza dell’Occidente?

Nella vignetta: Roosevelt con il suo “big stick”.
Le notizie non sono più così lontane dai nostri fatti: il transito nel canale di Suez è dimezzato, i missili degli Houthi yemeniti continuano a piovere, fortunatamente quasi sempre in mare, e quella tigre di carta dell’Onu fa un po’ di fumo ma niente arrosto. Comprensibile che il lettore Pietro Chirichigno da Bari si chieda:
Non sono certo tra i nostalgici della politica delle cannoniere: ma quando metà del mondo “civile” (n.d.r: le virgolette ce le ha messe lui) è ostaggio di un gruppo di scalcagnati guerriglieri, e dirottare le navi intorno all’Africa per farci arrivare quanto necessario, mi chiedo a che serve mantenere migliaia di potentissime navi, di super-eroi, di difese missilistiche più che sofisticate, se non si riesce a far desistere questi attacchi.
Dobbiamo dunque cedere sempre alla violenza?
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Il nostro lettore è preoccupato e tutti noi lo siamo con lui. Solo che l’analisi della situazione travalica il semplice fatto dei guerriglieri che sparano qualche razzo verso le navi.
Dietro gli Houthi ci sono potenze militari di primo livello, come l’Iran: e dietro l’Iran c’è una parte del mondo islamico che fa guerra non solo di religione contro Israele.
Gli interventi militari, in questa realtà, vanno graduati dalle relazioni politiche. L’Italia è oggi in testa alla missione navale che dovrà difendere il passaggio delle navi in Mar Rosso, mentre altre potente (o potenze sulla carta, come sembrerebbe) stanno a guardare o dicono, secondo la carognesca battuta “Andate voi che a noi ci vien da ridere”.
Il BIG STICK di Theodore Roosevelt, il presidente Usa rappresentato nella vignetta (che diceva “Parla gentilmente e porta un grosso bastone”) non sembra funzionare più, nemmeno sostituendo il grosso bastone e le corazzate con le armi più potenti e distruttive. Le spese delle quali ricadono poi sempre sulle popolazioni civili, come si è visto in tutte le guerre.
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