PALERMO – Non c’è pace sui mutamenti ambientali: dopo l’invasione del mediterraneo da parte dei pesci tropicali, poi dei granchi blu e compagnia, adesso c’è il pericolo delle alghe aliene. Lo scrive “Ecologia e ambiente” sul proprio sito settimanale. Il primo avvistamento di quest’alga risale al 2015, quando fu individuata nello stretto di Gibilterra; da lì si è rapidamente diffusa nelle acque dell’Atlantico e del Mediterraneo, fino a raggiungere nelle scorse settimane anche le coste della Sicilia, in particolare al largo di Palermo e Augusta, sollevando le preoccupazioni degli scienziati.
Negli ultimi anni sono stati condotti vari studi su questa temuta specie. Uno dei più completi, pubblicato nel 2023, ha analizzato la sua proliferazione nelle acque dei nostri mari, auspicando un intervento a livello europeoo per debellare questa minaccia.
“Suggeriamo azioni coordinate a livello europeo in materia di prevenzione, tra i quali vanno considerati quelli connessi alla pesca, sia perché è un settore fortemente colpito sia perché svolge un potenziale ruolo molto importante nella dispersione delle specie” scrivono gli autori della ricerca, a cui hanno preso parte anche gli scienziati dell’ARPA Sicilia e del Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare dell’Università di Palermo.
L’alga è originaria del Pacifico nordoccidentale temperato-subtropicale e fa parte della famiglia delle Dictyotaceae. Quest’alga esotica ha la capacità di proliferare molto velocemente, crescendo anche sui paesaggi coralligeni (che rappresenta la maggior fonte di biodiversità nel Mediterraneo, insieme alle praterie di Posidonia oceanica), alterando gli habitat marini e compromettendo la sopravvivenza di specie autoctone, già in declino a causa della crisi climatica. Inoltre, la macroalga produce grandi quantità di biomassa che vengono spostate dalle correnti.
Ma il problema non è rappresentato solo dalle conseguenze sul piano ecologico. La sua proliferazione metterebbe a rischio anche il settore ittico e quello turistico; l’alga, infatti, si diffonde nelle acque a partire dalla superficie fino a 50 metri di profondità, recando fastidio ai bagnanti.
L’alga infestante è stata oggetto di un ampio monitoraggio, effettuato lo scorso anno nel Mediterraneo da parte di un team di ricerca, a cui hanno preso parte anche i biologi dell’Istituto di Scienze Marine (ISMAR) e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Lo studio, condotto attraverso osservazioni satellitari e droni, si è concentrato sulla costa atlantica dello Stretto di Gibilterra, in particolare sulle spiaggie del comune spagnolo di Tarifa), dove è stata trovata una quantità impressionante di questa specie di alga; nell’estate del 2021, in soli due mesi, le autorità hanno rimosso ben 6.213 tonnellate che infestavano la costa di i Los Lances e Atlanterra.
Le specie marine invasive, specialmente l’alga R., si stanno diffondendo rapidamente in tutto il Mar Mediterraneo occidentale e rendendo necessarie operazioni di monitoraggio per una corretta gestione. – sottolineano gli studiosi – Poiché queste specie non rispettano i confini e il traffico marittimo, è molto probabile che il coordinamento transfrontaliero nelle azioni di gestione in tutta l’UE sia più efficace delle singole attività a livello nazionale.
Al momento mancano, ad esempio, approcci comuni di monitoraggio e gestione e un flusso di dati verso la rete europea di informazione sulle specie esotiche (EASIN), che si basa su contributi volontari (comunicazione personale).