ROMA –
Il richiamo è duro, ma affronta realtà altrettanto dure.
Odessa, Chornomorsk, Bab-El-Mandeb, Ashdod, Stretto di Taiwan, Kherson, Bosforo e Dardanelli, Suez.
In un Occidente, in un’Europa e in un’Italia cronicamente distratti, al punto che anche la “guerra in casa”, quella in Ucraina🇺🇦, ha perso gli onori delle prime pagine, questi nomi possono significare poco o nulla.
Non per chi opera come Federagenti nel campo dei traffici marittimi e dell’interscambio mondiale via mare.
🗣 “Perché questi nomi di porti sparsi nel mondo – sottolinea 👤 Alessandro Santi, presidente della Federazione italiana degli Agenti, Raccomandatari Marittimi e Mediatori Marittimi – sono altrettanto punte dell’iceberg di conflitti e di guerre, sempre meno locali e sempre più globali che stanno impattando su nodi strategici del commercio mondiale dal Mediterraneo all’Africa Occidentale e Orientale, dal Mar Nero al Mare della Cina, dal Centro America al Sud Est asiatico, alla Corea”.
🗣 “In queste aree e in questi porti – sottolinea Santi – le scelte geopolitiche hanno preso il sopravvento sulle scelte economiche e commerciali perché il controllo sui flussi di merci e persone con effetti già presenti e potenzialmente devastanti per l’economia e la vita delle popolazioni mondiali è diventato un fattore strategico. E gli effetti si misurano nella scarsità dei prodotti fondamentali per la sopravvivenza delle persone e delle aziende come pure nella spinta inflattiva che arreca conseguentemente i suoi danni con l’aumento dei costi di qualsiasi bene e servizio”.
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Secondo il presidente di Federagenti, la lamentazione quotidiana sulla crisi degli approvvigionamenti di materie prime, dovrebbe lasciare il posto a un’analisi sulle motivazioni e sulle possibili soluzioni.
La gravità della situazione è ad esempio misurabile dal cargo watchlist della IUA (International Underwriting Association) che all’inizio del 2019 presentava 49 aree di rischio di cui 15 nella fascia da alta ad estrema, mentre oggi le aree a rischio sono 61 (+25%) e quelle nella fascia alta di conflitti in campo aperto sono balzate a 21 (+40%).
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