TOKYO – La denuncia viene da parte giapponese, ma è ben documentata: l’eccezionale ripresa produttiva della Cina, con l’incremento record delle merci indirizzate in occidente (USA in testa, ma anche in Europa) ci sta costando un record altrettanto grande di inquinamento perché sono aumentate sia le centrali elettriche a carbone, sia i ritmi di estrazione dello stesso carbone dalle miniere. Anche altri paesi – riferisce il rapporto giapponese – stanno aumentando il consumo di carbone per far fronte all’incremento di richiesta di energia elettrica: ma la Cina è quella dei record.
L’export cinese verso l’occidente ha segnato il mese scorso un aumento del 28%, raggiungendo il valore di 305 miliardi di dollari. La Cina è diventata anche il primo paese per l’export verso il Regno Unito, scavalcando per la prima volta da vent’anni la Germania. A favorire l’export c’è anche la frenata dei noli dei container proprio sulle rotte dalla Cina verso l’occidente, frenata inaugurata da CMA CGM ma seguita a ruota da Hapag Lloyd e da Cosco.
Il ricorso al carbone per potenziare la produzione elettrica, necessaria per l’aumento del lavoro delle fabbriche vocate all’export, contraddice apertamente gli impegni che anche la Cina aveva sottoscritto per arrivare all’agognata “carbon free” nel 2050. Secondo gli osservatori, anche la frenesia per l’auto elettrica – la Cina è la prima al mondo in questo campo – ha costretto al controsenso in atto.