Cold ironing, piani e dubbi
ROMA – Gli impegni con l’UE sono stringenti e il governo italiano intende mantenerli. Anche su temi che, come il “cold ironing” sembrano decisamente anticipati rispetto alle scelte “green” degli armatori delle principali categorie, sia per le full-container che per le loro e ro/pax.
Come si legge nel documento relativo ai finanziamenti del Piano di rilancio per i porti, una notevole parte delle risorse è destinata a portare l’energia elettrica in banchina affinché le navi all’attracco si colleghino e non utilizzino impianti di produzione di bordo. Idea non nuova, visto che già parecchi anni fa un primo impianto è stato realizzato proprio a Livorno: idea al momento poco sposata dagli armatori, che anche per le navi dell’ultima generazione – si vedano le rivoluzionarie “Eco” di Grimaldi – adottano altre soluzioni, del tutto autonome. Cambieranno visione sulle linee programmatiche – o diktat che dir si voglia – che la UE sta imponendo?
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Sul tema sta nascendo un largo dibattito. Perché se sul piano teorico può essere intelligente e “green” fornire energia elettrica da terra alle navi perché non inquinino con gli impianti di bordo, sul piano pratico bisognerà vedere come si produce quella stessa corrente che arriva in banchina. Oggi l’Italia non è ancora in grado di garantire forniture da fonti non inquinanti. Tema da sviluppare: quando, dove e come lo sarà?
A.F.
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