Ma alla fine davvero vogliamo cambiare il mondo?
LIVORNO – Cambiare il mondo che stiamo vivendo: ma alla fine, malgrado le raffiche di leggi con tutti i buoni propositi degli Stati, ci siamo mai chiesti non solo se davvero si può ma anche se si deve?
Chi ci legge non ci potrà accusare di dare poco spazio alla difesa dell’ambiente: pubblichiamo tutti i proclami, gli appelli, gli interventi sulla logistica. Abbiamo anche un pagina dedicata. Però abbiamo pure orecchie per sentire la gente comune e le loro domande. Davvero si deve?
Alla domanda, che non avremmo mai osato porre noi in diretta, oggi ha cercato di rispondere una Fondazione culturale francese interrogando campioni di tutti gli strati sociali di ben 25 paesi, Italia compresa. L’ente è la “Foundation pour l’iniziative politique”, non è partitica e ci ha messo i primi quattro mesi di quest’anno per fare la sintesi aggiornata.
Bene: alla domanda se l’attuale sistema economico internazionale e nazionale andrebbe o no radicalmente cambiato, più del 75% degli intervistati ha risposto di no: chiedendo di mantenerlo con alcuni aggiustamenti di dettaglio, con una maggiore coscienza ambientale e anche sociale, ma senza rivoluzioni. Insomma, non siamo nel migliore dei mondi possibili, ma nemmeno nel peggiore.
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Anzi, è bene non modificarlo perché la bistrattata economia di mercato e la sospetta iniziativa privata alla fine piacciono così perché – risponde la gente – danno la possibilità a chi ha più iniziativa, più idee e più voglia di lavorare di cavarsela meglio. Una società di eguali, con eguaglianza imposta e garantita dagli Stati, non convince affatto.
Abbiamo sintetizzato all’osso i risultati dei sondaggi fatti dalla Fondazione francese. Chi volesse approfondire può andare sul suo sito, che è aperto. Commenti? Ne avremmo a centinaia, compresi quelli su certe rivoluzioni imposte quasi manu militari su fonti energetiche che a livello pratico sembrano quasi foglie di fico sulle vergogne. Ma rischiamo di essere fraintesi: rischio io, che sono solo un giornalista non un filosofo né un maitre à penser. Fermiamoci alla notizia. L’abbiamo data, com’è nostro dovere. Se vogliamo anche rifletterci sopra, ancora siamo liberi di farlo. Grazie.
A.F.
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