Ricorso sulle tasse AdSP

Daniele Rossi
ROMA – Il tentativo di far capire le cose con un confronto parlamentare sono falliti. Così, come peraltro era stato preannunciato, le AdSP italiane, con il coordinamento di Assoporti, hanno depositato presso il Tribunale dell’Unione Europea un ricorso chiedendo l’annullamento della decisione della Commissione del 4 dicembre 2020. La decisione di Bruxelles, parto di una burocrazia che sta diventando se non peggiore almeno altrettanto ottusa della nostra, come noto ha imposto all’Italia di modificare il regime fiscale applicabile alle AdSP. Secondo la Commissione il loro mancato assoggettamento all’imposta sul reddito delle società rappresenterebbe un aiuto di Stato incompatibile con le norme vigenti: non tenendo conto del fatto che le AdSP italiane, a differenza delle società private di gestione di molti porti europei, sono enti di Stato. Il ricorso di Assoporti è stato presentato dagli avvocati Francesco Munari, Stefano Zunarelli, Gian Michele Roberti e Isabella Perego.
Nel corso di una recente conferenza stampa, il presidente di Assoporti Daniele Rossi unitamente al presidente dell’AdSP del Mar Adriatico Meridionale Ugo Patroni Griffi e al presidente dell’AdSP del Mare di Sardegna Massimo Deiana ha illustrato le motivazioni e il contenuto del ricorso. Un ricorso improntato sull’errata interpretazione della natura delle attività delle stesse AdSP, le quali riscuotono i canoni di concessioni per conto dello Stato. In sostanza, secondo Bruxelles lo Stato italiano dovrebbe tassare se stesso.
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Secondo il ricorso, la decisione impugnata è errata sotto molteplici profili e non è quindi vero che il regime di tassazione delle AdSP possa essere qualificato alla stregua di un aiuto di Stato. L’errore più evidente commesso dalla Commissione è quello di ignorare la natura pubblicistica del modello di organizzazione portuale scelto dal legislatore italiano. In assenza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, infatti, gli Stati membri hanno organizzato il settore portuale secondo sistemi di governance molto differenti.
Diversamente dagli altri Stati membri (Francia, Belgio e Olanda) a cui la Commissione ha inviato analoghe decisioni circa il regime di tassazione delle società per azioni che in tali Stati gestiscono commercialmente i porti – arrivando talvolta a svolgere operazioni e servizi portuali – l’Italia ha riservato alla mano pubblica, in modo coerente e sistematico, ogni aspetto legato al settore portuale: la proprietà dei beni, appartenenti al demanio indisponibile dello Stato, l’amministrazione degli stessi, riservata in via esclusiva alle AdSP territorialmente competenti, la riscossione da parte delle AdSP dei canoni demaniali da parte dei concessionari, che sono vere e proprie tasse pagate dai concessionari direttamente allo Stato e solo riscosse dalle AdSP.
Così, è viziata la decisione nella parte in cui pretende di qualificare le AdSP quali “imprese” al fine di chiederne l’assoggettamento all’imposta sul reddito delle “società”. La Commissione – in sostanza – travisa il ruolo e le prerogative delle AdSP.
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