Una criptovaluta “ambientalista”
MILANO – I mega computer necessari per il funzionamento delle principali criptovalute, consumano tanta energia quanta un intero stato nazionale e oltre il 60% di questa energia necessaria per alimentare il cosidetto “mining” delle piattaforme (e la principale da sola consuma oltre 120 terawattora all’anno) proviene da energie fossili. Una singola transazione – secondo Digiconomist – con bitcoin utilizza circa 707,6 kilowattora di energia elettrica, equivalente al consumo di una famiglia americana media in 24 giorni.
Una risposta indiretta alle perplessità ambientaliste crescenti riguardo alla criptovaluta è arrivata da una piattaforma bitcoin, la Vectorium e da Bureau Veritas Italia che è stato il primo a validarla in quanto unica piattaforma di criptovaluta che utilizza energia solo proveniente da fonti rinnovabili.
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In relazione alla criptovaluta Vectorium, già scambiabile su diverse piattaforme, Bureau Veritas verifica che essa sia “minata”, (ovvero fatta oggetto di una nuova chiave di ricerca della crittografia) solo facendo uso di energia proveniente da fonti rinnovabili. Come sottolineato recentemente da Bill Gates in una intervista al New York Times, “Il bitcoin utilizza più elettricità per singola transazione rispetto a qualsiasi altro metodo di pagamento noto all’umanità”; quasi in contemporanea Alex de Vries, data scientist della Banca centrale olandese, ha reso noti i risultati di una ricerca che stima come ogni transazione in bitcoin richieda in media 300 kg di anidride carbonica (CO2): un impatto equivalente a quello di 750mila pagamenti con carta di credito.
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