Palermo, l’hub cantieri e Assoporti

Pasqualino Monti
PALERMO – Presidente Monti, lei è tra i pochi nelle AdSP a non essere ancora scaduto e quindi può meglio giudicare l’attuale passaggio di governance del MIT, almeno da quanto fino ad oggi emerso. Quali ritiene siano le nuove priorità per i porti nazionali?
“Semplificazioni, digitalizzazione, un piano di sistema nazionale per le infrastrutture portuali, il risanamento del gap logistico che il nostro paese e le nostre aziende a livello nazionale sono costretti a pagare, per un valore che si aggira intorno ai 60 miliardi di euro ogni anno”.
La Sicilia Occidentale ha una rete di porti in posizione geografica eccellente sia per le Autostrade del Mare, sia per la sperata ripresa dei traffici con la sponda Sud del Mediterraneo e il potenziamento con la sponda SW. Programmi e progetti?
“Possiamo contare su porti geograficamente strategici e con caratteristiche diverse rispetto a Palermo. Stiamo infrastrutturando il porto di Termini Imerese, completando le opere di sopraflutto e sottoflutto e avviando il dragaggio che sarà ultimato entro la fine del 2021. Poi, c’è il porto di Trapani, dove si è in attesa delle autorizzazioni per poter iniziare le operazioni di dragaggio, mentre è in fase avanzata di lavorazione la “nuova” stazione marittima che sarà ultimata nel prossimo mese di giugno. A Porto Empedocle, invece, si sta redigendo il progetto esecutivo per il dragaggio e verranno avviati a breve i lavori per la costruenda stazione marittima. Per questi tre porti i lavori in corso sono già stati “metabolizzati” dal mercato che è straordinariamente attratto, nelle sue diverse componenti di traffico, da queste realtà portuali fino a qualche tempo fa totalmente sconosciute. E veniamo a Palermo. Entro la fine del mese di marzo termineranno i lavori di dragaggio, entro l’estate l’esistente stazione marittima sarà totalmente riqualificata e potrà servire contemporaneamente due grandi navi da crociera. Questi interventi si aggiungono al terminal aliscafi da poco inaugurato che insiste sulla rinnovata banchina Sammuzzo e, con i 25,5 milioni di euro finanziati e in gara per il profondo intervento sul molo Trapezoidale – l’area diventerà un concentrato di attrazioni: un parco archeologico, un convention center, ristoranti e negozi dove si potranno acquistare le eccellenze siciliane dell’enogastronomia – cambierà totalmente il volto della zona Sud del porto, destinata esclusivamente al traffico di cabotaggio nazionale e alle crociere”.
Abbiamo pubblicato sabato scorso i consuntivi dei traffici del suo “sistema”, con una significativa tenuta e un brillante incremento dei rotabili, mentre le crociere ovviamente sono bloccate. Però dal 1 maggio tornano. Ci saranno novità per la loro accoglienza?
“Il risultato è soprattutto frutto di opere progettate e realizzate in tempi record e utili al mercato perché condivise con i player che sul mercato operano. Fatto questo, e quindi mostrando concretezza e affidabilità, gli effetti non si sono fatti attendere: quando il pubblico realizza infrastrutture utili e dà prospettive di lungo termine e serie al mercato, i numeri arrivano. Il nostro è un traguardo ancora più importante perché ottenuto in un momento storico tutt’altro che facile come quello attuale, durante il quale però non sono stati abbandonati gli investimenti e le iniziative programmate per il potenziamento delle infrastrutture portuali della Sicilia Occidentale. Gli stessi armatori hanno chiaro come il nostro network stia lavorando senza sosta per soddisfare ogni loro esigenza e per accogliere merci e passeggeri sempre più numerosi, e come sia frenetica la vita nei quattro scali, fatta di cantieri a terra e a mare, con 2 porti su 4 in fase avanzata di dragaggio, un terzo che sta iniziando le operazioni propedeutiche al dragaggio e un quarto nella fase esecutiva del progetto. Parlare di 5 milioni di mc tra dragati e da dragare, in un Paese come l’Italia nel quale è molto complicato operare con escavi a mare, la dice lunga sulla bontà dei lavori portati avanti. È, dunque, evidente che vedere dei segni positivi nella movimentazione totale merci del network (+16,95 %) e in quella merci su/da navi ro-ro (+24,66 %), in un anno tanto difficile come è stato il 2020, ci rende soddisfatti, al netto del traffico passeggeri del quale, visti gli investimenti fatti, attendiamo fiduciosi la ripresa”.
Abbiamo letto che i bacini di carenaggio di Palermo sono stati messi in gara dall’istituzione locale. Fa parte del vostro grande piano di un hub della cantieristica con Fincantieri? E quali prospettive per questo progetto, con il Far East che costruisce navi a prezzi stracciati?
“Abbiamo fatto un grande passo avanti per il rilancio dell’industria cantieristica a Palermo lo scorso dicembre, firmando l’atto di concessione demaniale che ha come obiettivo la creazione nello scalo siciliano di uno dei poli navalmeccanici più importanti del Mediterraneo. L’accordo genererà una vera e propria rivoluzione anche nell’assetto infrastrutturale, oltre che operativo, del porto di Palermo, destinando un’area estesa, oggi composta da un bacino d’acqua e piazzali, a un moderno stabilimento da adibire alla costruzione di navi, accanto alle riparazioni e alle grandi trasformazioni navali, settore nel quale Fincantieri ha maturato notevole esperienza negli ultimi anni, divenendone leader mondiale. L’accordo rappresenta un’eccezione nel quadro dei rapporti fra impresa e istituzioni, imponendo quel cambio di passo che Palermo attendeva da anni. Il documento non solo lega Fincantieri e l’AdSP fino al 2057, ma consente, con la costruzione del bacino da 150 mila tonnellate per la cui realizzazione l’Authority ha già assegnato uno stanziamento di 120 milioni di euro, di centrare un vecchio sogno di Palermo: tornare a essere un centro cantieristico anche per la costruzione di nuove navi. Disponiamo oggi di una darsena industriale totalmente liberata da vecchie servitù e completamente affrancata dal degrado in cui versava. In sintesi, abbiamo compiuto tutte le mosse necessarie per industrializzare un’area che potrà finalmente competere a livello internazionale”.
Presidente, lei è uscito da Assoporti, dopo averla guidata per anni, contestandone la mancanza di peso nelle scelte dei governi. Circolano oggi voci di un suo possibile, prossimo rientro, sulla base della condivisione di molti dei suoi indirizzi. Vero o fake news?
“Il discorso è delicato e va spiegato. Quella dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale non è stata una secessione di forma ma di sostanza, per la grande differenza esistente tra il modo di vedere della mia Autorità e il modo di ragionare dell’Associazione. Il presidente di un porto è un manager, chiamato a gestire una delle più importanti industrie del paese: ovvio che ci siano temi fondamentali da affrontare e la loro mancata centralità ha rappresentato la motivazione per la quale il sottoscritto è rimasto fuori da Assoporti. Vorrei che l’Associazione prendesse delle decisioni, guardasse al suo interno e comprendesse come sia necessario non far discutere tra loro i presidenti ma far sintesi, proprio attraverso le idee degli stessi presidenti, e come sia improcrastinabile dotarsi di una struttura interna capace, che sia presente nelle commissioni del parlamento italiano e di quello europeo e all’interno del Ministero. Un’Associazione “piegata” su se stessa o nei confronti di chiunque, è un grave errore, perché il suo contributo viene meno. Laddove l’Associazione dovesse prossimamente allargare i propri ragionamenti e il proprio apporto ai temi centrali dello shipping, dimostrando, al contempo, di avere i conti in ordine e di voler nominare non un presidente tra i presidenti ma uno staff interno in grado di supportare i vertici su temi rispetto ai quali Assoporti deve tornare a essere protagonista, allora certamente il mio apporto non mancherà”.
Un giudizio sui diktat della UE in campo di tasse alle AdSP, sul codice degli appalti nei porti e sui mancati aggiornamenti delle regole delle concessioni…
“Inutile ripetere parole che rischiano di diventare ridondanti: dobbiamo andare in Corte di Giustizia europea e difendere le nostre posizioni. Penso però che, per senso di responsabilità, abbiamo oggi il compito di iniziare a lavorare in maniera seria anche a una proposta alternativa, nel caso in cui la Corte di Giustizia europea dovesse confermare quanto contestatoci dalla Commissione europea. Non vorrei fra uno, due o tre anni (tempo necessario alla Corte di Giustizia europea per arrivare a una determinazione) far trovare il ministro di turno e l’intero settore nella condizione di dover affrontare un tema così delicato con urgenza, come di solito accade nel nostro paese”.