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La storia infinita delle “ecoballe”

Riceviamo da alcuni lettori di Follonica a firma di Alberto Rossi:

Visto che vi siete occupati speso delle operazioni di recupero delle ecoballe seminate cinque anni fa da una nave turca al largo della nostra costa, vorremmo sapere quante ce ne sono ancora sui fondali del nostro mare e se le operazioni di recupero continuano o sono finite. I pescatori locali dicono che ce ne sono ancora, a volte frantumate o infilate nella sabbia a metà. Possibile che il loro recupero sia diventato così difficile, visto che la tecnologia moderna offre strumenti subacquei capaci di raccogliere un ago in un pagliaio? Abbiamo letto che ci sono anche aziende italiane, com la famosa Micoperi, che hanno fatto operazioni subacquee ben più difficili, mentre si è preferito servirsi di mezzi e operatori militari, che hanno ben altre vocazioni.

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Senza voler dare voti o giudizi avventati, l’operazione “ecoballe” ci è sembrata nata male e rabberciata a più riprese, mortificando anche coloro che erano stati designati a risolverla. Raccogliemmo a suo tempo le amare dichiarazioni dell’ammiraglio incaricato dal Ministero dell’Ambiente Aurelio Caligiore, che ha avuto per mesi le mani legate dalla burocrazia e solo dopo la nomina di un commissario ad hoc ha potuto operare con un minimo di sostegno. La Marina Militare e i sommozzatori dei vari corpi militari hanno fatto molto, ma bisogna anche riconoscere che ritrovare dopo cinque anni una cinquantina di balle di materiale plastico (che non riflette né gli strumenti di ricerca sub militari né è visibile in fondali perennemente opachi) non è certo un compito facile. È anche vero che, come dicono i pescatori, parecchie balle si sono sbriciolate e hanno seminato il fondale di residui difficilmente recuperabili, altre sono finite nelle reti, altre ancora sulle spiagge e infine ce ne sarebbero alcune quasi totalmente sommerse dalla sabbia. Attualmente le operazioni di ricerca sono state sospese per le condizioni meteo e non sappiamo quando e se saranno ripresa. Forse sarebbe il caso – visto che le risorse economiche ci sono perché paga l’assicurazione dei P&I della nave – di riprendere con mezzi più adatti. Ma è un giudizio da cittadini, non da esperti.

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Pubblicato il
17 Febbraio 2021

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