Monticelli e la “Mission” dell’IMAT

Fabrizio Monticelli
IMAT è un ente di certificazione dei marittimi nato nel 2005 da un’idea visionaria del capitano Rosario Trapanese e da una società del Gruppo Cafima: quella di portare in Italia il modello americano del Nautical College, un “unicum” a certificare tutte le competenze e a dare servizi aggiuntivi al marittimo. Negli anni IMAT ha intensificato gli investimenti in tecnologie, in competenze di istruttori e docenti e in nuovi progetti. Ne parliamo con l’amministratore unico Fabrizio Monticelli.
Dottor Monticelli, quali competenze le compagnie richiedono oggi ai marittimi e come opera IMAT sul tema?
Si è passati negli anni a cambiare i criteri della formazione con l’interrogativo se le competenze fossero strettamente legate al marittimo o invece all’armatore. Si spingeva il concetto che le grandi risorse dell’armatore fossero la nave e le professionalità umane. Incidenti internazionali insieme alla nascita di tante e complesse normative hanno creato per le compagnie l’esigenza di una adeguata certificazione delle competenze dei marittimi valide in ambito IMO. Oggi occorre costituire un sistema di certificazioni di secondo livello che possa entrare in campi quali le core, vessel e function competences, diverse a seconda dei settori (traghetti ro-ro, merci, crociere etc.), per un vero portfolio delle competenze. Tutto ciò è strategico sia per la crescita professionale del marittimo sia per la compagnia che ottiene così un manuale delle procedure in grado di certificare e di costruire un sistema fluido di upgrade continuo. Ma non solo: ciò mette in condizione anche le autorità marittime di costruire un patrimonio di informazioni strutturato (meta-database) che fornisce agli organi decisori elementi di valutazione nell’ambito della normazione. Tutti elementi quindi concorrenti alla crescita dell’intero sistema.
Cos’è il CSM – Competence Management System, di cui si è parlato anche nella recente Port&ShippingTech e quali vantaggi apporta?
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È la definizione di un manuale delle procedure con il quale la Compagnia indica le modalità con cui tiene in efficienza e controlla le competenze dei propri marittimi con un sistema fluido fatto di assesment, gap analysis, training correttivo del gap, monitoraggio e verifica. Uno degli elementi rilevanti della competitività del settore marittimo italiano è dato dalle competenze di ciascuna flotta. Quanto più evidenziamo come queste competenze vengano portate avanti, tanto più garantiamo alti standard qualitativi anche rispetto ai nostri clienti, ai nostri fornitori e a tutti gli ecosistemi con i quali veniamo in contatto.
Avete messo a punto un sistema CSM con la compagnia Grimaldi: quali particolarità presenta? E quali altre compagnie hanno sviluppato il CSM?
Con Grimaldi, prima compagnia in termini numerici date le 2.500 persone attive in questa fase sulla tematica, abbiamo realizzato lo strumento che attraverso sei fasi distinte, analizza le capacità complessive del lavoratore in rapporto alla definizione del riskassesment fornendo le prescrizioni per il suo training personalizzato. In particolare prevede il miglioramento delle conoscenze e delle abilità professionali per le funzioni svolte a bordo; la sicurezza e gli esiti delle ispezioni di terze parti; la gestione delle manutenzioni per ridurre i rischi di eventuali errori umani, infortuni o danni materiali. Ed aiuta la Compagnia nella selezione di marittimi sempre più competenti favorendone i passaggi di grado e il consolidamento delle carriere.
La prima compagnia con la quale abbiamo messo a punto un CSM è stata la Vroon che, lavorando nell’offshore dove esistono tantissimi vincoli di sicurezza, ha voluto invece proceduralizzare in un manuale tutte le modalità con le quali le competenze andavano certificate.
Avere una procedura può essere utile anche per migliorare il lavoro all’interno dei porti?
Certo. I marittimi lavorano anche all’interno dei porti e il mettere insieme soggetti come piloti, ormeggiatori, rimorchiatori, autorità portuali e capitaneria di porto oltre che terminalisti, crea le condizioni per avere delle procedure che qualificano una tipologia di innovazione da cooptare. Abbiamo anche lavorato in un porto che aveva modificato una banchina in relazione ad un primo ingresso di una nuova nave e insieme a tutti i soggetti che operano in IMAT (istruttori, simulatori) abbiamo costruito simulazioni e tratto un report che ha definito le procedure e poi verificato le competenze dei soggetti attivi. L’idea di una certificazione delle competenze in ambito portuale di coloro che operano all’interno di sistemi di simulazioni importanti può diventare ulteriore chiave di lettura anche per la competitività dei sistemi portuali.
Come viene recepito l’obbligo formativo dal marittimo e dalla Compagnia? Su quali nuovi progetti state lavorando?
C’è stato un passaggio culturale molto importante: quello che prima veniva percepito come un fastidio, un obbligo, ora è avvertito come una necessità. È nato così il nostro grande progetto del marittimo 4.0, il laureato. Con l’Università Parthenope siamo al terzo anno del progetto che ha l’obiettivo della carriera del marittimo. Dopo tre anni non solo il marittimo diverrà ufficiale ma avrà un titolo di studio che potrà essere spendibile in molti campi, onboard e offshore, anche nel settore nella logistica. Grazie a questo progetto che ci ha visto insieme a Grimaldi, Costa e Carnival, avremo i primi laureati nel 2021 e supereremo un gap italiano: per la prima volta queste compagnie recluteranno da noi, in Italia invece che all’estero, quelle figure professionali con alti standard di competenze ed una cultura, al di là della tecnica.
È stato siglato un accordo tra Comune di Procida e IMAT per lo sportello dedicato ai marittimi; di cosa si tratta?
Costruire valore attraverso un’integrazione tra le competenze ed il territorio è qualcosa di straordinariamente bello. Il Comune di Procida è stato il primo in Italia a creare un assessorato al lavoro marittimo; nell’isola questo lavoro rappresenta gran parte del PIL e quindi si cerca di supportarlo e farlo crescere. Si è partiti dal Nautico di Procida, il più antico d’Italia rafforzandolo con IMAT per l’alternanza scuola lavoro, borse di studio, stage nei simulatori, ovvero per costruire e rafforzare la consapevolezza del lavoro che questi ragazzi affronteranno. Inoltre un think tank in un territorio di questo tipo fornisce dati in termini numerici che nessun altro ambiente può evidenziare e dà la possibilità di avere una best practice sull’area che potrà essere riproposta in altri territori. Oggi, umilmente, ci stiamo adoperando a supportare questa metodologia per confermare quanto possa incidere sulla qualità della vita. Riteniamo che questo lavoro possa essere davvero utile alla comunità.
C.G.
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