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Logistica marittima e il suo salto verso il futuro

Pietro Spirito

NAPOLI – Nella “grande sfida della ripartenza e della ricostruzione”, che è il tema di questi giorni nella XII edizione di Port&ShippingTech da domani nello splendido scenario del golfo partenopeo, c’è chi guarda la Luna e chi soltanto il dito che la indica.

Con il professor Pietro Spirito, docente di economia dei trasporti della prestigiosa Università Ferdinando II e presidente del Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, è la Luna l’obiettivo, chiaramente ribadito dalla nostra intervista che segue. E in chiave di vera visione internazionale, così come la logistica dei trasporti da tempo richiede.

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Presidente Spirito, il termine di catena logistica oggi molto in uso può configurare realtà estremamente varie. Come quella italiana, molto atipica e quindi complessa.

“È uno dei retaggi della nostra storia quello di una polverizzazione delle realtà produttive nel paese: con la prevalenza di piccole e piccolissime aziende, distribuite su un territorio sul piano della logistica complicato, con la conseguenza del forte sviluppo del trasporto su gomma, a sua volta fatalmente polverizzato in micro-realtà spesso sviluppate principalmente su un territorio. È evidente che la ferrovia, oggi considerata la modalità terrestre ideale sul piano dell’economia ma anche del rispetto ambientale, poco può fare in questa chiave”.

Lei ha accennato anche a un’altra caratteristica della nostra logistica: il vendere le merci franco fabbrica.

“Non è un dettaglio da poco: vendere franco fabbrica e non franco destino comporta come conseguenza che sono i compratori a definire modalità, caratteristiche e anche costi del trasporto. In sostanza, è il paese di destino delle merci a dettare le regole, con tutte le evidenti conseguenze”.

Ciò premesso, il trasporto terrestre in conto proprio è ancora molto forte; e quindi con la sua polverizzazione non è facile operare a fronte di una concorrenza internazionale sempre più strutturata ed estesa…

“Ed è un altro elemento di debolezza del sistema italiano, con una miriade di piccoli operatori che devono confrontarsi, ovviamente non ad armi pari, con le grandi realtà internazionali. Basta vedere che nella classifica dei primi dieci brand della logistica terrestre che operano anche in Italia ci sono solo due aziende italiane.”

Anche il sistema portuale nazionale pecca, sotto alcuni aspetti, di “nanismo”: con eccessi di competizione tra AdSP e poca proiezione internazionale.

“I nostri porti sono figli della nostra storia e della storia dei nostri territori. La stessa piccola dimensione delle nostre aziende ha favorito la polverizzazione degli scali, che non aiuta certo la loro forza concorrenziale. Dovremmo invece tener ben presente quello che sta accadendo nel trasporto marittimo internazionale: sempre più concentrazione in grandi vettori, che evidentemente condizionano e sempre più condizioneranno la scelta degli scali in grado di servirli al meglio. La globalizzazione non è uno slogan, è una realtà in atto”.

Ricordo che anni fa Gianluigi Aponte già avvertiva: attenti, perché le navi hanno l’elica. Cioè si spostano facilmente nei porti che rispondono alle loro esigenze…

“Dobbiamo davvero renderci conto che le piccole dimensioni localistiche, la conflittualità interna, l’incapacità di velocizzare i processi, sono tutti handicap che ci fanno rischiare molto. L’uscita dalla pandemia Covid, che non sappiamo ancora bene quando avverrà totalmente, dev’essere un’occasione per darci una visione di sistema internazionale connesso, abbandonando quello della conflittualità tra territori. E in quest’ottica vanno anche coinvolte le istituzioni degli stessi territori”.

Uno dei problemi, presidente, sembra anche essere quello della conflittualità interna negli stessi porti tra operatori, concessionari, utenti: non si contano i ricorsi ai TAR…

“La trasformazione della legittima difesa del proprio impegno in contenzioso giuridico fa parte, purtroppo, della nostra tradizione nazionale: basta pensare alle liti di condominio che degenerano in cause civili per scendere in fondo alla scala dei contenziosi. È indispensabile una nuova cultura del confronto civile: ma è anche necessario che si trovino, sul piano delle istituzioni, meccanismi di confronti semplificati e condivisi. E qui il ruolo delle istituzioni è importante.”

Last but not least, il mondo delle crociere; per i porti e gli stessi territori è stato, causa il Covid, un massacro non solo economico.

“È uno dei settori che più ha pagato; e credo che la ripresa non potrà che essere graduale e complessa, non certo prima del 2021. Molto dipenderà anche dalla capacità dei players di presentare offerte allettanti, non dimenticando che la pandemia ha lasciato ancora uno strascico di timori anche nel settore collaterale dei passeggeri dei traghetti. I porti devono fare la loro parte, con una ottimizzazione degli spazi e dei servizi, in collaborazione stretta con gli armatori e i network del turismo. Le indicazioni fornite dall’IMO puntano molto sull’aspetto “green” delle navi e gli armatori più dinamici hanno già fatto la loro parte. Poi si potrà avere anche una diversificazione dell’offerta: grandi navi per mega-crociere, navi più piccole per crociere locali, il che potrebbe anche aprire itinerari nuovi, su porti minori. Ma le dimensioni localistiche del business non possono condizionare una realtà che ormai è globale e non si decide certo sui singoli porti. Dobbiamo adeguarci con l’intelligenza e la flessibilità, senza lasciarci condizionare nemmeno dalle prossime scadenze di molti vertici delle AdSP e dai conseguenti prevedibili interventi del mondo istituzionale”.

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
30 Settembre 2020

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