Povere barche tra tasse UE e distanziometro
LIVORNO – Le limitazioni imposte dall’ultimo decreto governativo relativo alle barche, con l’assurdo obbligo di mantenere a bordo la distanza di un metro tra le persone e l’impossibilità di ospitare insieme in cabina chi non è formalmente dello stesso nucleo familiare, hanno scatenato ovvie proteste. In particolare sonore critiche sono arrivate dalle società che operano nel charter, più duramente colpite. E nei giorni scorsi proprio sul “Giornale della vela” è apparsa una nota in cui, bacchettando un commento – peraltro abbastanza sorprendente – dell’Assonautica nazionale che accetta il decreto, decine di società di charter si sono pronunciate nettamente contro i nuovi limiti, discriminanti e irrealistici, impossibili da attuare. Roba che dimostra come chi fa certe norme non sappia nemmeno di che parla e non abbia mai visto una barca nemmeno da lontano.
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Sullo stesso numero del giornale è apparsa anche una notizia secondo la quale sia la Francia che la Germania vorrebbero appesantire il carico fiscale sulle barche, per finanziare i famosi Ecobond che dovrebbero rimettere in sesto l’economia della UE. Riferendosi anche a una recente nota del Corriere della Sera, le tasse sulle barche avrebbero la giustificazione di colpire le attività che più inquinano: e sarebbero comunque una piccola frazione rispetto all’incidenza della “tassa verde” che potrebbe colpire lo shipping. Così invece di cercare di rilanciare consumi ed economia, si ricorre – come sempre – a nuove tasse.
Il peso assoluto in termini di inquinamento delle barche da diporto – sottolinea il commento del giornale – è davvero poca cosa. Secondo quanto comunicato dall’IPCC (l’organismo intergovernativo sui cambiamenti climatici sotto egida ONU, l’EPA (agenzia statunitense di protezione dell’ambiente), e SYBAss (associazione dei costruttori di superyacht) con riferimento al 2014, sulle 9,86 miliardi di tonnellate totali di gas serra emessi nell’atmosfera (principalmente anidride carbonica – CO2 – e ossidi di azoto – NOx – più o meno in rapporto di 10 a 1 tra loro), si scopre che i trasporti sono responsabili del 14% delle emissioni di gas serra.
E all’interno di questo settore a “sporcare” di più ci pensano, in ordine, lo shipping, l’aviazione e le auto, che insieme superano il 99,3%. Il restante 0,6 è responsabilità del diporto nautico.
A.F.
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