IRINI in Libia: davvero addio alle armi?
BRUXELLES – L’operazione IRINI della UNAVFORMED europea per il controllo dell’embargo sulle armi in Libia è partita da qualche giorno con la Marina Militare italiana che ne ha per sei mesi il comando, affidato all’ammiraglio Fabio Agostini dalla centrale di Roma. Ma al momento, sembra più una dimostrazione di buona volontà che un vero blocco navale. All’inizio solo la Francia ha mandato una fregata e un elicottero: da poco si è aggiunta l’Italia, con la messa a disposizione anche dei propri incursori; ma Germania, Polonia e la stessa Malta – la più interessata per territorio – stanno traccheggiando. La Grecia, che assumerà il comando dell’operazione tra sei mesi, è disponibile ma al momento osserva.
L’operazione dovrebbe fare osservare anche con le forze navali l’embargo disposto dalle Nazioni Unite sulla costa orientale della Libia ed è operativa con l’impegno anche dei gruppi di incursori italiani (nella foto d’archivio). Ma i tanti distinguo non aiutano. Da La Valletta il costante incremento della pressione migratoria sull’isola impone priorità a questo fenomeno perché Bruxelles non ha risposto alla richiesta di un ricollocamento in una soluzione a livello comunitario.
La ripresa escalation di violenza in Libia preoccupa l’UE e naturalmente l’Italia in primis. Ma le richieste da Bruxelles – affinché “tutte le parti agiscano in modo responsabile e che cessino immediatamente i combattimenti in tutta la Libia che stanno colpendo in primo luogo i civili – sembrano grida manzoniane, senza risultati pratici. Per l’UE non esiste altra alternativa che una soluzione politica per stabilizzare la regione e Bruxelles “esorta tutti gli Stati a cooperare con le Nazioni Unite nel processo politico”. Intanto si cerca di bloccare l’afflusso di supply da guerra sulla costa orientale: ma con poche navi e poca convinzione, l’addio alle armi sembra una chimera.