La persistenza della (nostra) memoria
LIVORNO – Gli orologi che si squagliano come neve al sole: è un’opera più che celebre di Salvator Dalì e si chiama, ironicamente “La persistenza della memoria”. L’abbiamo presa a simbolo di questo nuovo anno: che per noi, per la nostra piccola ma storica (più di cinquant’anni!) pubblicazione comincia oggi, 4 gennaio 2020. Perché l’ironia? Perché vorremmo, onestamente, lasciarci dietro la memoria di un 2019 che ci ha riservato molte amarezze: guardando a questo anno nuovo, ancora vergine di fatti importanti, con fiducia e non con rassegnazione, come qualcuno già ci suggerisce.
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Non siamo, a Livorno, nell’ombelico del mondo: e lo sappiamo bene. Però siamo un porto dove si anticipano molti eventi che poi accadono anche altrove. Nel bene e nel male: l’assalto delle Procure alle AdSP, i bilanciamenti delle varie sezioni di Cassazione, la guerra (o guerriglia) ai Tar per le aree, le complicazioni eterne della burocrazia, i confronti (o scontri) tra i grandi e grandissimi terminalisti, la politica delle piccole cose… Potremmo andare avanti, ma non si comincia l’anno citando i problemi.
Salvo uno: e da direttore me ne assumo la responsabilità, perché La Gazzetta Marittima intende fare anche informazione, oltre a correre dietro – come tutti – al consenso che si misura in inserzioni pubblicitarie e in abbonamenti. Ho detto: salvo uno. Mi riferisco al problema che vede contrapposti, su un’area tutto sommato non strategicamente determinante sul porto, l’AdSP e i terminalisti. Sul porto sanno tutti a cosa mi riferisco: e sembrava che dopo incontri, coinvolgimenti anche dell’istituzione comunale e della Capitaneria, si fosse trovato il bandolo della matassa con un’offerta da pace sociale. Il tutto però è rimasto congelato a una decisione finale dell’AdSP. Mi auguro, anche se non ho potuto controllare, che questi giorni dopo le feste – dal momento in cui scrivo al momento in cui il giornale esce – il problema sia stato risolto con generale soddisfazione. Ecco: la nostra persistenza della memoria torna a quando sul porto era più semplice lavorare in comune accordo. Nessuno pretende di credere che ci sia stata un’epoca d’oro senza concorrenza interna. Ma almeno lasciateci la persistenza della memoria di quando, nemmeno troppo tempo fa, si parlava di “porto dei miracoli” e tutti assentivano.
Buon 2020 e tiremm’innaz: come diceva quell’eroe condotto al patibolo. Noi invece ci aspettiamo molto dagli uomini di buona volontà.
Antonio Fulvi
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