Security marittima: dalle navi alla formazione dei tecnici

Nella foto (a dx): L’ammiraglio Nicola Carlone apre la Port&Shipping Tech con la sessione Maritime Security.
GENOVA – L’apertura della Port&Shipping Tech, il forum su innovazione e cooperazione per lo sviluppo del cluster marittimo Euro-Mediterraneo in cui si è svolto anche l’intervento di Confitarma di cui riferiamo a parte, è stata dedicata al tema della security marittima e l’inizio dei lavori, dopo il saluto del direttore marittimo della Liguria ammiraglio Nicola Carlone, è stato affidato al comandante della Marina Militare Massimiliano Lauretti.
Partendo dalla considerazione dell’importanza del Mar Mediterraneo dal quale passa il 65% delle risorse europee, Lauretti ha informato che la Marina Militare ha attualmente tredici navi che vi navigano e 1.250 fra uomini e donne imbarcati per contrastare le attività illecite e difendere gli interessi nazionali. Come contromisura alla pericolosa minaccia cyber – che può nascere anche da un semplice cellulare e toccare la vulnerabilità delle navi – la Marina ha da tempo attuato sistemi di autoprotezione ed è impegnata oggi in un’intensa azione di formazione del personale per risolvere quello che forse è il problema più importante: la scarsa preparazione del fattore umano nell’utilizzare questi sistemi di contrasto.
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L’aspetto della cyber security in ambito di sicurezza marittima è stato centrale nel corso della conferenza ed è stato sviluppato dai numerosi interventi che sono seguiti da parte dei rappresentanti di enti pubblici, di associazioni degli armatori oltreché di aziende e importanti centri di studio. Da questi contributi è emerso che la minaccia informatica che si rivolge verso strutture e impianti strategici e si concretizza con richiesta di riscatti è il tipo di rischio più rilevante (rispetto a quelli della pirateria, etc) ed è raddoppiato negli ultimi anni. Secondo Francesco Chiappetta dell’Istituto Italiano di Navigazione, il valore di questa attività illecita in Italia, i cui protagonisti sono organizzazioni criminali e terroristiche, è pari solo a quello del traffico stupefacenti ma, al suo confronto, ha un trend di sviluppo più veloce. Relativamente alle compagnie marittime il cyber crime rappresenta poi un grave danno reputazionale (oltreché economico per gli aumenti dei costi assicurativi) che si ripercuote sulla loro attività e per questo motivo spesso non è denunciato dalle piccole compagnie. Il dato ufficiale delle denunce dunque – è stato più volte ricordato – è sicuramente inferiore a quello reale.
Per cercare di porre rimedio al problema che minaccia i sistemi delle navi e non solo – dato che il rischio riguarda anche porti e infrastrutture – ci sono disposizioni europee e una circolare IMO con la quale si è data la facoltà alle nazioni di sviluppare norme mirate a protezione, ma l’Italia, purtroppo, ha per ora dimostrato di non essere molto attenta in questo senso. Riguardo ad una “classifica” generale sull’attenzione dei porti alla sicurezza cyber quelli del Nord Europa che hanno una maggiore automazione sono più evoluti rispetto ai nostri, ma buoni risultati in tema di cyber risk management producono anche Genova, Venezia e Savona. La sessione sulla sicurezza marittima fra gli altri interventi, ha visto quello di Valeria Novella di Confitarma e di Antonio Iannucci di Assarmatori. Quest’ultimo ha denunciato la generale superficialità con la quale si sta affrontando il problema dell’approccio ai sistemi informatici ed agli attacchi, peraltro in continuo ed inarrestabile aumento, cui essi sono soggetti; attacchi che espongono le aziende a rischi potenzialmente enormi. La soluzione suggerita da Iannucci parte da un cambio culturale che deve essere favorito nelle aziende con investimenti sulla formazione specifica che potranno produrre infine anche un risparmio economico. Fra i contributi anche quello di Danilo Decarlini di ABB Marine e Ports con il richiamo all’importanza della prevenzione a possibili interferenze o disguidi nell’ambito cyber security.
C.G.
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