Sulla riforma: “It’s a long way to Tipperary”
ROMA – Qualcuno la chiama già la “riformina”. Comunque stia andando, l’approvazione che dovrebbe essere arrivata ieri al consiglio dei ministri dei dieci decreti urgenti presentati dal ministro Marianna Madia ha dato un primo colpo di spugna – se il tema non è stato rinviato, come qualcuno all’immediata vigilia temeva – alla pletora delle Autorità portuali così come sono articolate.
[hidepost]Il balletto delle cifre sembra concluso: da 24 che erano passeranno a 15, una di più di quanto aveva promesso il ministro Delrio (l’integrazione tra Bari e Taranto è stata annullata, entrambi gli scali sono stati riconosciuti “core port” e rimangono sovrani). Non sappiamo ancora se all’ultimo momento c’è stato ancora qualche altro colpo di coda, ma una cosa è certa: se la riforma della 84/94 si dovesse fermare a quanto approvato ieri in sede di decreti Madia, avrebbero ragione quelli che parlano di “riformina”. Il ministro Madia ha portato avanti un boccone enorme, la riforma dell’intera pubblica amministrazione, e in questo quadro la legge 84/94 appare solo un fuscello. Il grosso, la polpa, anche per questa legge, deve ancora venire. E sul grosso incombe anche la sentenza della Consulta che impone il confronto Stato-Regioni; tale che per alcuni costituzionalisti potrebbe arrivare a rimettere in discussione – per via traversa – anche lo stesso numero delle Autorità. Una cosa è certa: sulla “governance”, ovvero sulla nomina dei presidenti e tutto quello che ne segue, le Regioni avranno il diritto-dovere di dire la loro: ed è facile capire che non sarà un ballo a Corte.
Comunque sia, le 15 Autorità portuali che escono dal decreto attuativo Madia sono all’inizio di un iter legislativo che non si risolverà certo in poche settimane. Il decreto – insieme agli altri, tra i quali quello molto articolato sulla riforma delle Camere di Commercio – dovrà andare al Consiglio di Stato, che ha 45 giorni di tempo per l’esame e il suo (eventuale) nulla osta. E’ prevedibile che si vada a fine febbraio. Successivamente toccherà alle commissioni parlamentari della Camera e del Senato, i cui pareri sono obbligatori anche se solo consultivi. Difficile pensare che dalle commissioni – dove le minoranze stanno già affilando le armi: e dove anche le lobby non hanno mai lesinato di difendere le loro posizioni – non arrivino richieste di modifica: il che farebbe scattare almeno un altro mese di rinvii. Poi si entrerà nel vivo dell’attuazione dei provvedimenti Madia sulla “governance”; il che richiederà probabilmente qualche ulteriore mese. E’ prevedibile quindi che l’alto numero di porti commissariati continuerà ad esserlo almeno fino a metà anno. In attesa di capire che cosa uscirà dal resto del progetto di riforma Delrio – quello che non facendo parte della riforma della pubblica amministrazione richiederà decreti appositi – anche nel confronto tra il governo centrale e i governi regionali, alcuni dei quali decisi a difendere le proprie prerogative sui distretti logistici, sulle concessioni, e su svariati temi intorno ai quali c’è già un discreto dibattito perché non tutti coincidono con le indicazioni che arrivano, per la portualità e la logistica, dall’Unione Europea. Insomma, come cantavano a inizio del secolo scorso i soldati inglesi mandati come carne da macello nella prima guerra mondiale, It’s a long, long way to Tipperary. C’è ancora tanta, tanta strada da fare.
Antonio Fulvi
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