Sulla “Black list” di Tremonti critiche del mondo dei trasporti
Si chiede l’intervento correttivo di Confindustria e Confapi perchè le nuove norme comportano insopportabili appesantimenti burocratici a tutta la catena logistica
MILANO – Uno dei freni più significativi per l’attività imprenditoriale in Italia è, come noto, la burocrazia. Ma chi credeva che fossimo già al peggio dovrà ricredersi: come evidenzia in questi giorni la libera tribuna di “Agora Vox” per conto del Propeller di Milano, il decreto del 30/3/2010 del ministro Tremonti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 88 del 16/4/2010 (disposizioni per il contrasto alle frodi fiscali Iva) minaccia di avere effetti ancora più drammatici per chi opera nel campo delle spedizioni, specie internazionali.
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Secondo Paolo Federici, che coordina il sito ed ha affrontato il problema sul piano operativo, la cosidetta legge “black list” rischia di creare problemi a catena, non risolvibili se non con ulteriori spese e perdite di tempo. Ecco le principali considerazioni sulla legge, contro la quale si chiede un intervento immediato di Confindustria, Confapi e delle altre principali organizzazioni imprenditoriali.
Si tratta di una legge “doppione”: impone alle aziende di comunicare all’Agenzia delle Entrate informazioni che all’Agenzia delle Entrate hanno già. O che, comunque, l’Agenzia delle Entrate può reperire “motu proprio” facendo il suo dovere, cioè controllando, verificando, accertando. Certo, è più facile chiedere alle aziende di fare il “doppio lavoro” ma, sicuramente, non può essere una soluzione valida.
La norma genera un costo enorme per le nostre aziende. Se pensate che, per ogni singola operazione con uno dei 73 Paesi al mondo considerati nella “black list”, bisogna predisporre una specifica comunicazione da trasmettere all’Agenzia delle Entrate. Mediamente, chi lavora con l’estero ha una operazione su due che riguarda un Paese tra quelli della “black list”.
Il mondo dei “trasporti” ha a che fare con i più grandi porti ed i più grandi aeroporti del mondo. Visto che alcuni tra i più grandi porti ed aeroporti al mondo (Taiwan, Dubai, Singapore ed Hong Kong) sono dislocati in Paesi della “black list”, già potete avere un’idea dell’enormità delle operazioni che vengono quotidianamente intrattenute proprio con quei Paesi.
Questa legge penalizza ed ostacola la logistica e il trasporto poiché ogni operazione relativa è “corredata” da un documento doganale (bolla doganale, sia in esport che in import) che l’Agenzia delle Entrate ha già. Chiederle ancora è insulsamente inutile. Insomma, serve solo a farci del male, come se la situazione di crisi non facesse già abbastanza.
Chi ha fatto questa legge dimostra di non sapere come funziona il mondo del trasporto, dimostra di non fidarsi degli uomini dell’Agenzia delle Entrate (visto che non li ritiene in grado di fare i controlli, le verifiche e gli accertamenti), dimostra di non avere a cuore il destino delle aziende Italiane, penalizzandole oltremisura e rendendole, di fatto, impossibilitate a competere con le aziende estere.
La massa di “documenti” che viene richiesta è destinata ad accumularsi negli uffici dell’Agenzia delle Entrate, senza che nessuno abbia mai né il tempo (né la voglia) di controllarli. Quindi oltre che dannosa per l’economia delle aziende è anche totalmente inutile.
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