Autotrasporto, crisi continuata
Incide sulla cresciuta mortalità delle aziende anche l’annullamento delle tariffe minime – Quasi la metà del comparto è a rischio chiusura o ridimensionamento entro gennaio

Paolo Uggè
ROMA – Fine dicembre, periodo nero per l’autotrasporto merci. E sembra quasi una funesta coincidenza: già nel dicembre 2006 gli autotrasportatori bloccarono i mezzi, con drammatiche conseguenze per i rifornimenti alimentari, per la benzina che mancò alle pompe, per le merci bloccate nei porti.
Anche in questo mese, la rivolta degli autotrasportatori si è fatta sentire, con una serie di assemblee di categoria dall’Alpi alle Piramidi e dal Manzanarre al Reno (parafrasando un celebre poema) che sono poi sfociate nelle manifestazioni che abbiamo visto, anche a conclusione dell’assemblea generale dell’Unatras, l’unione delle associazioni dell’autotrasporto italiano.
I temi della contestazione da parte degli autotrasportatori sono molteplici: le reiterate “stangate” del governo Monti sui carburanti, con le accise in crescita verticale e con il prezzo del gasolio che è stato pesantemente penalizzato portandolo ormai a livello di quello della benzina (il caro gasolio, com’è noto, incide in particolare sui costi di chi lavora con l’autotrasporto o con l’aiuto); e anche l’annullamento delle normative con i prezzi minimi, che ha riaperto, secondo l’autotrasporto, una concorrenza “selvaggia” fatta tutta sulla pelle dei padronicini.
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Ci sono poi i dati sulla mortalità delle aziende di autotrasporto. La decimazione è in corso ormai da anni, ma si è accentuata con gli ultimi provvedimenti. Tanto che secondo Paolo Uggè presidente nazionale di Fai-Conftrasporto, il 20% delle aziende di autotrasporto probabilmente chiuderà entro i primi giorni di gennaio: ma quasi il 47% dello stesso comparto è a rischio operatività, nel senso che per molti c’è il drammatico problema di coprire le spese per poter andare avanti finché i clienti non si decideranno a pagare. Esiste infatti anche il pesante handicap dei pagamenti ritardati, che costringe l’autotrasporto – lo hanno sottolineato più volte le associazioni di categoria – a finanziare i clienti proprio in sostituzione delle banche.
L’orizzonte è dunque nerissimo e non saranno eventuali “ammorbidimenti” da parte del governo a cambiare le cose. La realtà, sempre secondo l’autotrasporto merci, è che stanno prendendo sempre più piede le grandi catene straniere, che hanno costi molto meno alti dei nostri, buoni carburante fatti in patria, e specialmente che hanno una platea di dipendenti con contratti concorrenziali sulla base delle retribuzioni dell’est Europa.
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