Il timore? Analisi e magistratura
LIVORNO – Avete presente il retrogusto? Quello che si avverte proprio dietro la facciata, quel che di indefinibile che però a volte rimane più a lungo, e magari diventa più impregnante in seconda e terza analisi?
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Mi direte: che c’entra? Eppure c’entra: perché mutatis mutandis su tutte le vicende connesse ai dragaggi portuali, sembra esistere benché inconfessato – o confessato solo in parte – un retropensiero che è peggio dei freni a disco: il timore di una magistratura che sul tema si è scatenata e si scatena appena sente odor di escavi.
A Livorno ne abbiamo avuto qualche esempio, compreso il sequestro – temporaneo, ma non meno traumatico – della vasca di colmata, con relativa pioggia di indagini e rinvii a giudizio. Ma non è un caso raro, è solo un esempio di quanto sta avvenendo in mezza Italia. Tanto che salvo pochi coraggiosi – o incoscienti – non c’è istituzione pubblica che su dragaggi e conferimenti dei fanghi non abbia azionato i freni a disco; e lo stesso non abbiano fatto, stiano facendo e probabilmente continueranno a fare, anche le istituzioni centrali, ministeri compresi. Tanto che l’intero comparto appare come congelato, a differenza di quanto avviene nella maggior parte degli altri paesi industrializzati, dove escavi e utilizzo dei relativi fanghi fanno parte di una catena economica ben delineata e che marcia a tutto vapore, esattamente come la logistica richiede.
Intendiamoci: nessuno intende dare ai magistrati o ai NAS l’etichetta di fanatici della difesa ambientale o di visionari alla ricerca di un mondo vergine. Il problema sta nel manico, cioè nelle leggi in materia: che nella patria del diritto, non seguono strade diritte, ma solo tortuose, complicatissime, aperte a svariate interpretazioni e troppe volte non decifrabili o contraddittorie. Con cento sovrapposizioni: disciplina dei dragaggi portuali, disciplina dei siti Sin, disciplina dei conferimenti, disciplina delle analisi, eccetera eccetera. Un guazzabuglio.
Con il risultato che la soluzione più semplice è quasi sempre quella dello scellerato proverbio: chi non fa non falla.
A.F.
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