I tanti problemi della logistica su gomma

Nella foto: I partecipanti al nostro incontro nella sede di M&M.
LIVORNO – In questi tempi di massima incertezza sul futuro prossimo, anche il mondo della logistica su gomma prova a interrogarsi sulle strategie in atto e quelle da adottare.
Ne abbiamo parlato con il team operativo dell’impresa M&M Trasporti e Logistica, un’azienda nata poco più di dieci anni fa e in continuo lusinghiero sviluppo. Oggi nella nuova sede in via San Francesco, area di Stagno, M&M offre servizi in tutta Italia, ma episodicamente anche all’estero con un parco mezzi moderno ed accuratamente controllato.
Ci hanno risposto Massimiliano Rossi (responsabile commerciale)
Yuri Sicurani e
Marcello Degortes (responsabili operativi),
Vairo Pagliai ed
Elena Cristache (ufficio operativo).
Seguiamo da anni la vostra azienda, che ha chiuso un 2022 secondo le prime valutazioni con un buon risultato…
[hidepost]
“In termini di fatturato
abbiamo registrato un aumento del
% rispetto all’anno precedente. Un aumento che però andrebbe depurato dall’incremento delle spese vive
, anch’esso consistente.”
Avete già qualche indicazione su questi due primi mesi dell’anno nuovo?
“Tutti i riscontri denotano una forte incertezza, il che non è certo positivo. E l’incertezza si riflette su un calo del settore logistico in tutte le sue specializzazioni, malgrado il settore del trasporto gomma rimanga fondamentale non solo nella breve e media distanza, ma anche sulle tratte più lunghe, dove la concorrenza tentata dall’intermodale su ferro non sembra avere il successo preventivato.
In sostanza, tra i costi fortemente aumentati e la richiesta calata, questi due primi mesi non sono stati facili e le previsioni rimangono preoccupanti”.
Perché a vostro parere il trasporto su ferrovia non funziona come era stato pronosticato?
“Per un insieme di motivi, primo dei quali il fatto che riempire un treno può essere veloce e conveniente quando ci sono grandi quantitativi di container per una singola destinazione: ma diventa difficile e richiede tempi lunghi, non compatibili con il mercato, quando i pezzi diminuiscono. Inoltre il trasporto in Italia è sempre stato frazionato, con tante destinazioni e tanti carichi ridotti. Infine i collegamenti ferroviari non sono ancora stati realizzati come dalla pianificazione ufficiale. Si vedano i collegamenti dal porto all’interporto e alla rete nazionale.
Noi infine operiamo in media su un raggio di
km. Dove la concorrenza ferroviaria non esiste.”
Proviamo a individuare l’aumento dei costi, di cui avete accennato all’inizio…
“Parlandone in generale, i costi sono aumentati in questi ultimi mesi almeno del
%, considerando non solo il prezzo del gasolio
dopo la rimessa delle accise, ma anche il costo delle autostrade
(almeno l’
% a scalare in crescita), quello delle gomme
(dal
% in su) delle manutenzioni straordinarie, dei prezzi di ricambio. Se poi vogliamo un camion nuovo, il costo è aumentato almeno del
%, oltre al fatto che dobbiamo aspettare un anno per averlo. E poi c’è il costo della burocrazia, dei controlli cosiddetti di sicurezza, delle cento pratiche da svolgere quasi ogni giorni…”
Non sembra di intravedere un orizzonte sereno. Eppure si legifera su innovazioni epocali, con la morte dei motori endotermici e l’avvento dei vettori elettrici a breve.
“Nella pratica corrente, le notizie delle decisioni europee incrementano prima di tutto i dubbi e anche gli scetticismi. Sulle motorizzazioni elettriche per esempio: assurdo pensarci per i grandi Tir, sia per problemi di ricarica che per potenze.
Potrebbe andare forse, per i furgoni urbani o a brevissimo raggio.
Ma anche in questi casi occorrerà rivoluzionare le città con punti di ricarica che non esistono. E specializzare una rete di assistenza, anch’essa inesistente. Il tutto a costo di chi? Delle imprese, che già oggi sono in difficoltà?
Ultimo tema: si dice che sia difficile trovare nuovi autisti e nuovi addetti alla manutenzione.
“Purtroppo è così. Sono pochi i giovani che hanno la necessaria esperienza mentre i vecchi autisti vanno progressivamente verso l’uscita dal mercato. Mancano scuole di formazione adeguate, che non siano solo sulla carta. E manca anche la spinta verso un mestiere che un tempo dava soddisfazioni anche economiche e oggi è di pesante sacrificio. Un sacrificio che chi è giovane e non ha una tradizione di famiglia fa fatica a capire, oltre che accettare”.
A.F.
[/hidepost]