Tassa d’ancoraggio una facilitazione o un pasticcio?
TARANTO – Anche i provvedimenti che sembrano più validi – ed attesi – alla fine portano con se il baco della burocrazia all’italiana. Ci dicono che sta succedendo sul taglio del 99% della tassa d’ancoraggio, decisa dal comitato portuale di Taranto.
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Secondo una nota dell’Authority, su circa 400 accosti ipotizzati le compagnie risparmierebbero quasi 4 milioni di euro, che di questi tempi sono una benedizione. Il problema è che, per una normativa nazionale, la procedura per poter usufruire del “taglio” della tassa d’ancoraggio è di quelle amatissime dai burocrati ma impossibili da capire da parte di coloro che sono abituati a lavorare in “real time”.
La delibera del comitato portuale è di un paio di settimane fa, ma i termini entro i quali le compagnie dovranno presentare domanda scadono il 10 dicembre. In più le domande dovranno essere accompagnate da una previsione “attendibile” del numero degli scali: che non è solo teoria in quanto su questa base dovrà essere pagata la tassa residuale in anticipo, con tanto di fideiussione bancaria eventuale. E se il numero delle navi risulterà alla fine minore, com’è possibile in un mercato tanto volatile com’è quello dei trasporti containers, specie in tempi di annunciata recessione? Non ci hanno spiegato che succederebbe, forse perché nessun l’ha ben capito. E comunque il meccanismo è farraginoso, poco comprensibile, per alcuni aspetti sembra quasi vessatorio. Tutto il contrario, insomma, di quello che dovrebbe essere un provvedimento fatto per far tornare traffici che sono scappati proprio per l’eccesso di burocrazia e di scarsa chiarezza.
Spero di sbagliare: e se sbaglio, correggetemi anche nell’interesse dei clienti del porto. Ma se dovessi avere malauguratamente ragione, confido nelle capacità di chi può per le necessarie correzioni. Le àncore e le capacità di chi ha le leve di comando si valutano con i tempi di burrasca.
Antonio Fulvi
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