Il pesce dell’Artico
Anche l’Italia si candida – Visita al Nunavut nella Terra di Baffin
NUNAVUT – Non è forse lontano il giorno in cui si vedrà l’Italia importare su grande scala prodotti ittici provenienti dall’Artico canadese. Ovvero una nuova frontiera del pesce congelato che sta diventando un traffico importante per l’economia e per la portualità.
Da quando nel 1999 è stata creata la grande provincia del Nunavut di 808.190 miglia quadrate che comprende l’area a Nord della Baia di Hudson e un numero elevato di isole artiche, gli abitanti, per l’84% Inuit, stanno cercando di incentivare le risorse che offre il territorio. Prime fra queste la pesca. Attualmente 4 grosse Compagnie per la cattura, lavorazione, conservazione ed export di prodotti ittici sono presenti nell’area: la Baffin Fisheries Coalition, la Artic Fisheries Alliance, la Qitiqtaaluk Corporation e la Pamgnirtung Fisherie Ltd.
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In queste aziende lavorano 200 autoctoni, in particolare Inuit, ma la Direzione del Nunavut Fisheries Training Consortium tende sempre di più ad impiegare indigeni locali sui quali può contare per la loro grande esperienza, sebbene applicata ad una pesca artigianale. Ma per dar loro modo di specializzarsi vengono organizzati corsi di più settimane durante i quali sono insegnate diverse materie, dalla meccanica, che prevede riparazione di motori e macchinari vari, alla pesca di tipo industriale.
Il mare Artico è molto ricco di prede pregiate, ma la loro cattura, vista la precarietà delle acque fredde e ghiacciate, richiede esperienza e rapidità dal momento che la stagione è breve, durando all’incirca sei mesi. Ma in questo periodo le catture sono eccezionali. Basti pensare che nell’area del Nunavut la pesca dei “turbot” sorta di rombi giganti dalla carne delicatissima, solo nel 2010 ha reso 37,4 milioni di dollari canadesi. E il 41% delle catture sono state effettuate nell’area adiacente la Terra di Baffin.
Molto proficua è anche la pesca dei gamberetti dalla cui vendita lo scorso anno sono stati ricavati 26,7 milioni di dollari canadesi. Se la pesca in mare dà ottimi risultati, in particolare in acque limitrofe la Terra di Baffin che ospita la capitale della regione Iqaluit, il cui nome nella lingua inuktitut significa “zona di molti pesci”, buona è la cattura di prodotti ittici di acqua dolce, nella parte continentale nel Nunavut. La Freshwater Fish Marketing Corporations che opera soprattutto nei pressi del lago Great Slave, nel 2010 ha lavorato per l’export 384.844 kg di pesci, valutati 495.507 dollari canadesi. Ed anche qui si tratta di prede di alta qualità costituite per la maggior parte da “whitefish” (Coregonus clupeaformis), seguiti da trote, dalle “pike” (Esox lucius) e dai più piccoli “pickerel”.
La pesca si sta quindi dimostrando tra le grandi risorse economiche del Nunavut che oggi vuole lanciare un altro settore su grande scala: quello dell’artigianato e dell’arte. Le sculture Inuit realizzate con pietre ed ossa sono sempre di più apprezzate all’estero a tal punto che il settore genera un impatto economico di 33,4 milioni di dollari l’anno. Basti pensare che il 10% degli oggetti artistici esportati dal Canada sono costituiti da prodotti Inuit.
Ad Iqaluit, la graziosa capitale del Nunavut, che conta circa 6000 abitanti, esiste un College per artisti dove si insegnano le antiche tecniche di pittura e scultura non solo per creare nuovi artisti, ma per non smarrire la memoria, la sostanza stessa del tempo, per mantenere viva una cultura che rischiava di perdersi per sempre.
Clelia Pirazzini
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