Idrovolanti, un’epoca finita?

Nelle foto: Un Dornier a 12 motori.
Da Porto Santo Stefano ci scrive Erminio Guerrini con una reminiscenza storica e insieme un interrogativo:
Mio nonno, da tempo scomparso, mi raccontava quando ero ragazzo che nella laguna di Orbetello ammaravano spesso grandi idrovolanti plurimotori, quasi tutti di costruzione e bandiera italiana: alcuni dei quali avevano anche battuto record allora importanti, come la trasvolata dell’Atlantico in formazione fino a New York. Di recente ho poi letto che c’è un’associazione per la valorizzazione degli idrovolanti. Perché non se ne vedono più?
[hidepost]
*
Quesito interessante, anche se la risposta al perché richiederebbe conoscenze tecnico-legali che non abbiamo. Per quello che ci risulta, per le leggi italiane gli idrovolanti di una certa dimensione (cioè oltre gli ultraleggeri fino a 3/4 posti) sono considerati ancora oggetti militari, quindi sottoposti a severissime regole.
Sul piano storico, gli idrovolanti plurimotori sono stati per eccellenza italiani ed è vero che hanno fatto travolta di gruppo a quei tempi straordinarie: come il volo Italia-Brasile nel 1931 e il famoso Orbetello-New York-Roma del 1933 con ben 24 ideo in formazione. Gli aerei erano gli S55 Savoia-Marchetti con due motori Isotta Fraschini su un “castello sopra la carlinga, e due grandi scafi che contenevano in particolare la benzina. Volavano a circa 260 km/h e avevano un’autonomia massima di 1000 miglia nautiche. Il concetto ideo consentiva di fare a meno delle piste aeroportuali, ma ci volevano acque calme per ammarare (laghi o lagune).
Per curiosità, il record degli idro plurimotori apparteneva però a un Dornier tedesco di quegli anni che aveva ben 12 motori.
[/hidepost]