ANAC e Merlo una condanna tanti interrogativi
LIVORNO – Forse sono io che la vedo in maniera contorta: ma leggendo le tre pagine di commento sul sito specializzato Ship2Shore relativo alla quasi certa condanna del gruppo Aponte (nello specifico MSC Crociere) per l’assunzione di Luigi Merlo nel 2017, mi viene da chiedere perché un’impresa, una società ma anche un singolo cittadino debbano aspettare cinque anni e cinque gradi di magistratura per sapere se ha sbagliato o meno.
La vicenda potete leggerla nel dettaglio, con i relativi passaggi, proprio su Ship2Shore. Mi limito a ricordare che Merlo fu assunto subito dopo aver completato il suo incarico di presidente dell’AdSP di Genova: il che, ha sostenuto l’ANAC con tanto di sanzione contro il gruppo, è stato violato il decreto 164/2001 che impone tre anni di non disponibilità a lavorare per soggetti privati con cui si avevano avuto rapporti durante l’incarico pubblico.
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La pioggia di ricorsi del gruppo, sia pure suffragati da dozzine di richiami alla dottrina, è stata ripetutamente bocciata in tutti i gradi della magistratura: ultimo dei quali di recente dalla Corte di Cassazione. Adesso si aspetta che l’ANAC stabilisca la penale: e qualcuno sostiene che anche Merlo sarà sculacciato.
Non sta certo a noi, cronisti, entrare nel merito. Se c’è stata violazione di una legge – come hanno stabilito i vari gradi della magistratura – la legalità va certo ripristinata. Ma non illudiamoci: la sentenza apre una quasi infinita serie di altri dubbi, alcuni dei quali già espressi, come quello di capire se la sentenza vale solo per l’AdSP di Genova oppure erga omnes, come da logica. E poi: quale sarebbe la sanzione, visto che mancano i precedenti? Infine: visto che l’intervento è dell’ANAC (cioè l’Agenzia anti corruzione) il reato si configura come corruzione, che è peggio di una semplice errata interpretazione delle norme?
Senza voler condannare chi ha condannato, non possiamo che ricordare che l’eccesso di leggi del Digesto italiano non aiuta certo alla chiarezza del Diritto. E non è cosa d’oggi. Già Giustiniano, insieme a Cicerone, sostenevano che “troppe leggi, mala repubblica”.
Antonio Fulvi
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