LIBRI RICEVUTI – “La carità arriva in bicicletta”, Memorie di Olimpia Sgherri
(di Antonio Fulvi)
Edito dalla Diocesi di Livorno
cura di Chiara Domenici
È un agile libretto, che non parla di mare e di porti, ma che mi fa piacere ugualmente presentare. Anche perché domenica scorsa, in piena burrasca di pioggia, lo stesso vescovo della diocesi di Livorno monsignor Giusti e molti altri l’hanno ufficialmente distribuito nella giornata dedicata alla carità cristiana ed ai poveri.
Il libretto raccoglie testimonianze e commenti su Olimpia Sgherri, già quando era in vita definita “La madre Teresa di Livorno”. Maestra elementare, si era fatta le ossa andando a insegnare nel grossetano sui paesini più distanti e abbandonati. Qualche volta – racconta la sorella minore Mariarosa – anche a dorso di somaro. Sorrideva sempre e insegnava a sempre sorridere.
A Livorno era la disperazione di suo padre, funzionario dei consorzi agrari, perché gli portava in casa diseredati e derelitti, dilapidando il piccolo stipendio d’insegnante in pochi giorni per aiutarli. Il padre, cavalier Grifeo Sgherri, si era anche rassegnato ai piccoli trucchi che Olimpia metteva in atto pur di aiutare i poveracci. La chiamava, tra il disperato e l’orgoglioso, “la faina”.
Monsignor Ablondi, predecessore di monsignor Giusti, la conosceva bene perché Olimpia non si faceva scrupoli ad arrivare in diocesi per sostenere qualche bisognoso. Correva per tutta la città in bicicletta – quando era più giovane spesso in piedi sui pedali per far prima – a raccogliere le elemosine che gli amici si erano abituati a consegnarle. Un volta lo stesso Ablondi disse, scherzando ma nemmeno tanto, che se la città fosse rimasta al buio sarebbe bastato collegare la rete elettrica alla dinamo della bici di Olimpia…Le bici, perché gliene rubavano una dopo l’altra: e le, serafica, diceva che evidentemente avevano fatto comodo a qualcuno che non poteva comprarsela.
Domenica hanno ricordato questa piccola, grande donna, terziario francescana e morta pregando nel suo rifugio delle suore, anche con una povera ma commovente tavolata di poveri. Tanti di loro dicono che era una santa, che meriterebbe la beatificazione. Anche per chi non ha il dono della Fede è stata un simbolo di impegno sociale e di amore per i meno fortunati. Riposi in pace.