Se ora i TAR sono il faro nei porti
LIVORNO – Allora vincono tutti, perdono i porti. Questo sottotitolo me l’ha suggerito, con un’analisi che rispettando il personaggio ha per le nostre pagine solo il limite della sintesi, un collaudato esperto. Io cerco di tradurla in termini giornalistici, che sono notoriamente “ad usum delphini”, ovvio semplificati. Eccoli: le due sentenze del TAR della Toscana della settimana scorsa, che avevano bacchettato l’AdSP (avevamo parlato di sculacciate) più le undici di martedì, che invece confermano le linee guida dell’AdSP, stabiliscono un principio fino ad oggi sempre e solo sfiorato, e quindi adattato dalle varie parti alle proprie esigenze: il principio che nei porti non può esistere il monopolio di un operatore e quindi la libera concorrenza sul mercato è prevalente.
Attenti: non è un principio “inventato” dal TAR di Firenze. Fa parte della dottrina della UE, tante volte ribadita fin dai tempi della De Palacio: e applicata anche in almeno un altro porto italiano, a Genova nel caso Spinelli. Il mio mentore, nell’analizzare le sentenze del TAR, riportate nel comunicato dell’AdSP su queste stesso giornale come brillante vittoria, sottolinea che l’aver ribadito il principio della libera concorrenza significa che Lorenzini può continuare a fare container oltre che merci, – quindi a fare concorrenza al TDT – e che la Porto 2000 deve accettare che altri – Grimaldi in questo caso – facciano anche passeggeri con i suoi ro/pax.
In linea di applicazione giuridica, nessuno può contestare quanto afferma il TAR. In linea di riflessi sull’economia del porto – dei porti, visto che il principio vale “Erga Omnes” – ci sarebbe invece da preoccuparsi. O così la vedono i più attenti. O se preferite, i pessimisti.
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Vediamo di fare un test (teorico ma nemmeno tanto) applicando quanto ha decretato il TAR di Firenze sulla realtà livornese. Primo: TDT non ha l’esclusiva dei container e per almeno i prossimi anni, finché non dovesse concretarsi la Darsena Europa – dovrà subire la concorrenza di Lorenzini, che tra l’altro ha l’arma nucleare della MSC, di questi tempi scatenata anche in acquisizioni e potenziamenti. Si dirà: il porto ne guadagna, perché altrimenti MSC potrebbe andare altrove. I pessimisti risponderanno: però TDT ci perde e i Fondi d’Investimento che supportano il terminal storico saranno ancor convinti a investire? Si dirà anche: se partirà la Darsena Europa, gli attuali due terminalisti dovranno (potranno) mettersi insieme nella nuova location, oppure continueranno ciascuno per conto proprio (nessun limite alla libera concorrenza) e quindi mineranno la stessa necessità della nuova opera? Becce e Mignogna di TDT che ne pensano? I termini temporali non sono poi molto larghi per prendere decisioni. E il faro dei TAR, che oggi sembra decidere il destino dei porti, non potrà intervenire se decidessero di tirare i remi in barca.
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Altro giro, altro problema: la Porto 2000. La società che ha vinto la gara per la sua gestione fa capo, come noto, al gruppo Onorato, che ha i suoi guai ma stringe i denti e va avanti. Ma se la Porto 2000 continuerà a vedersi la concorrenza in casa, come il TAR ha autorizzato, avrà forza e interesse ad andare avanti con il progetto del grande terminal con cui ha vinto la gara? In altri termini: potrebbe far saltare tutto, chiedendo alla AdSP anche i danni visto che nel capitolato della gara (pare) fosse garantita l’esclusiva su crociere e passeggeri?
Vogliamo spingerci più avanti ancora nelle ipotesi? Come noto le navi da crociera della Porto 2000 si appoggiano in particolare sulla banchina ad alto fondale, dove è stata creata una mini – stazione coraggiosamente operativa anche in questi tempi davvero brutti. Ebbene: l’alto fondale è una concessione della Compagnia portuali e quest’ultima potrebbe – sulla base del principe della libera concorrenza ribadito dal TAR – decidere di “lavorare” lei le navi da crociera sulla propria concessione, invece della Porto 2000. Un’ipotesi, forse sballata e al di là delle intenzioni dei portuali. Ma se….
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Concludo questa lungagnata, sperando che qualcuno sia arrivato a leggermi fin qui. Se in linea di diritto i TAR sembrano intoccabili nelle loro decisioni, sul piano politico è chiaro che si sono sostituiti al governo nazionale, e al MIT, che hanno lasciato tanti vuoti nel mancato completamento della riforma della riforma. E come si studiava in fisica, “natura abhorret a vacui” (Aristotele) cioè ogni vuoto viene riempito. E non lo si riempie con la sciagurata idea di cambiare tutte le presidenze delle AdSP in scadenza, in tempi come questi. Cercasi testo unico veloce, sintetico, attendibile, definitivo. È solo un sogno di mezz’inverno?
Antonio Fulvi
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P.S.: Nel notiziario on-line dell’AdSP livornese, a firma di Marco Casale ma quasi certamente con farina del sacco dei vertici, si illustra la situazione che si è determinata dopo le sentenze del TAR di Firenze in merito alla pianificazione.
Ne riportiamo la conclusione, anche perché ci cita indirettamente sul tema delle “sculacciate”.
“Senza drammatizzare – scrive l’AdSP – l’Autorità può sempre operare con gli strumenti previsti dalla Legge come l’Adeguamento Tecnico Funzionale (ATF) o le varianti semplificate, se del caso, facendo riferimento anche alle recenti norme semplificatorie in materia di ATF e procedure ablatorie, e quindi dal punto di vista operativo le sentenze non introducono alcun impedimento, né di sostanza né temporale, all’azione dell’Autorità che, già nel PAD, prevedeva tempi piuttosto lunghi, dell’ordine di 10 anni, per realizzare gli obiettivi.
“Speriamo di aver meglio fatto comprendere a chi legge la complessità della materia esaminata dal TAR, della cui novità si dà ampio atto, respingendo anche temerari e pretestuosi tentativi di richiesta di risarcimento. Evocare sic et simpliciter la sculacciata, che, nel caso, riguarderebbe diversi soggetti, parrebbe irrispettoso nei confronti di una decisione del consesso fiorentino evidentemente sofferta tanto da fermarsi alla prima puntata dell’analisi: non c’è scritto e quindi non vale!
“La mancanza di organicità e chiarezza delle normative sulla gestione dei porti del resto è un tema ben noto: ma non può essere risolta a colpi di TAR. “Alla luce di ciò, un ricorso al Consiglio di Stato potrebbe essere valutato solo al fine di chiarire la natura e portata urbanistica dello strumento di pianificazione portuale, nonché le sue relazioni con la pianificazione urbanistica regionale e comunale e le relative norme di attuazione.
“Per il momento la questione è stata sottoposta all’attenzione della Regione e a giorni sarà interessato il Consiglio superiore dei Lavori pubblici, massimo consesso tecnico in materia di PRP. Nel frattempo si procede con la progettazione degli interventi”.