Nuovo Codice della Nautica: chances o limiti per i “marina”?
FIRENZE – «La nautica si sta avviando verso una lenta ripresa e questo è il momento per dare al settore la giusta chiarezza normativa, cosicché questa ripresa possa concretizzarsi e diventare una reale opportunità di rilancio per la portualità italiana». Così, Matteo Italo Ratti, AD della Società Marina Cala de’ Medici e membro del Comitato di Indirizzo del Distretto della Nautica e Portualità della Regione Toscana, commenta il Nuovo Codice della Nautica, approvato dal Consiglio dei Ministri il 27 ottobre scorso e diventato legge dello stato pochi giorni fa.
Il Nuovo Codice, «dovrebbe essere avvertito come un’opportunità per deliberare una regolamentazione attuativa in grado di dare un incentivo concreto allo sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture portuali presenti lungo le nostre coste».
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È questo il caso della normativa che attualmente regolamenta i cosiddetti, “posti in transito”. «Ad oggi – spiega Ratti – ogni porto turistico deve riservare alle imbarcazioni in transito il 10% degli ormeggi totali. Ciò significa che un porto turistico su un totale di 1000 posti barca, deve riservarne alle imbarcazioni in transito 100».
«Questo, chiamiamolo “vincolo”, negli ultimi venti anni è diventato sempre più penalizzante per i porti – puntualizza Ratti – mi spiego meglio: la maggioranza delle infrastrutture portuali in Italia sono state costruite da privati, che hanno pattuito col Demanio statale un canone per la concessione di terra e specchi acquei di mare per un determinato periodo di tempo, calcolato normalmente sulla base del piano di investimento presentato dal soggetto concessionario privato. Così facendo, i costi dell’investimento avrebbero dovuto essere ammortizzati. Il cattivo andamento del mercato della nautica che ha colpito il settore dal 2007 in avanti, la crisi diffusa che non ha risparmiato il comparto ed il progressivo ed inarrestabile aumento dei costi di gestione e mantenimento, hanno fatto sì, però, che molte delle società concessionarie siano sprofondate nella crisi finanziaria».
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«È in questo contesto che la normativa concernente gli ormeggi adibiti al transito ha un peso non sottovalutabile – prosegue Ratti – Per i porti immobilizzare un certo quantitativo di posti barca significa dover rinunciare a dei possibili introiti che avrebbe potuto ricavare da una vendita o da una locazione, introiti che se ipotizziamo un valore medio a posto barca di C150.000,00 per 100 posti barca equivale a tenere vincolati qualcosa come quasi 15 milioni di euro. La normativa, fra l’altro, era stata concepita per garantire approdi sicuri sparsi lungo tutta la costa della Penisola, costa che, però, all’epoca, presentava un numero molto inferiore di porti e marina».
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«Ulteriore aspetto da tenere in considerazione è il fatto che gli ormeggi adibiti al transito, così come normati – afferma Ratti – non sono più in grado di rispondere alle mutate esigenze della produzione cantieristica. A fronte, infatti, di un paese la cui industria dei grandi yacht vanta il primato mondiale della produzione di unità, con ben il 49% degli ordini mondiali registrato nel 2017 e addirittura oltre il 30% della flotta mondiale (che oggi supera le 5.000 unità), l’Italia presenta un quantitativo di ormeggi disponibili per imbarcazioni e navi oltre i 44 metri di lunghezza certamente non idoneo».
«Per fornire qualche altro dato – spiega ancora Ratti – basti pensare che la permanenza media di un maxi yacht all’interno di un porto è di circa tre giorni, e che un maxi yacht di 40 metri di lunghezza ha una spesa media annua non inferiore ai 2 milioni di euro ed induce occupazione diretta a bordo di 10/12 persone, nonché indiretta di oltre 50. In un quadro così delineato, appare evidente come la sfida sia incentivare la presenza di ormeggi per imbarcazioni di queste metrature, così da poter usufruire di una ricchezza che è già alla nostra portata e che ha solo bisogno di essere indirizzata».
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Ma quale potrebbe essere una soluzione per continuare a garantire un adeguato numero di posti al transito, regolato sulla base delle infrastrutture realmente presenti, senza penalizzarle economicamente, dato anche che, in inverno, la domanda è notevolmente inferiore, mentre in estate, quando la domanda è superiore, si verifica però un notevole “esodo” di imbarcazioni stanziali verso mete turistiche?
La soluzione prospettata potrebbe esserci suggerita dall’innovazione tecnologica: «Un sistema telematico, infatti – afferma Ratti – interconnesso con le varie infrastrutture presenti sulla costa e, allo stesso tempo, dotato di un’interfaccia accessibile all’utente (ad esempio una App per Smartphone, Tablet o Pc), potrebbe gestire in tempo reale questa necessaria disponibilità di ormeggi, individuando le reali disponibilità all’interno dell’intera dotazione di ormeggi sull’area costiera toscana, senza obbligare le infrastrutture a riservare ormeggi non effettivamente utilizzati. Questo consentirebbe a porti e marina di liberare una quota di ormeggi attualmente “impegnati”, così da poterli proporre per la locazione o la vendita, senza che venga occupato un solo metro quadrato in più di territorio».
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