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Una società per i bacini è possibile?

Dall’avvocato Giorgio Gionfriddo, noto esperto delle problematiche portuali e già segretario della locale Authority, riceviamo:

LIVORNO – Dopo l’informativa rilasciata dai rappresentanti istituzionali toscani nel corso dell’incontro presso il Ministero dello Sviluppo economico del giorno 27 luglio scorso, è di obbligo tornare a parlare dei bacini di carenaggio, attualmente ancora praticamente in disuso.

Eppure, da ormai troppo tempo, senza presunzioni di cattedra o pretese improprie di dare consigli, sono avanzate proposte da esperti conoscitori locali in materia portuale, cui non è seguito alcun riscontro, per non dire alcuna soluzione adottata, da parte dell’organismo istituzionale del porto, prima l’Autorità Portuale, oggi l’Autorità di Sistema, dopo il tragico evento del 15 agosto 2015. La nave Urania è ancora malamente adagiata nella platea del bacino galleggiante e niente è dato conoscere sulla sua necessaria ed urgente rimozione, né di quale sorte dare alla gara, ormai vetusta e superata (tecnicamente e normativamente), per l’affidamento della concessione del Bacino in muratura  e del danneggiato bacino galleggiante.

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Parlavo di varie proposte (una anche da me avanzata nei mesi scorsi su questa testata  e sulla quale spero di non doverci tornare), tutte rimaste in un limbo, senza mostra di alcun segno di reazione o di valutazione da parte dell’ente preposto.

Ormai, nella generale presa d’atto di quanto autorevolmente ed ufficialmente affermato dal presidente dell’A.d.S.P., per il quale la definizione della gara non potrà avvenire prima di due anni, prende sempre più corpo e consistenza l’ipotesi di abbandonare un percorso competitivo di gara pubblica e di ritrovare soluzioni, sempre in termini di rispetto della legalità, che comunque assicurino una efficace rimessa in pristino delle due strutture, per porle in nuovo completo esercizio, con l’obiettivo (non trascurabile) di ridare nuovo ossigeno al settore della riparazione navale, oggi “in apnea”.

Da ultimo, trovo opportuno e giovevole, nell’ottica ora detta, commentare brevemente l’articolo comparso mercoledì 2 scorso a firma del dottor Ruffini, ove si prefigura la formazione di una società di scopo da parte dell’A.d.S.P., ad azionariato diffuso, tesa a ristrutturare e riorganizzare il compendio dei bacini.

Vorrei a questo proposito aggiungere, qualora di necessità, che la costituzione di una società di scopo da parte dell’A.d.S.P., ben si configurerebbe nell’ambito delle competenze statuite dall’art. 6, 4° comma , lett. a) della legge 84/1994, come modificata dal D.lgs. 169/2016.

Tale norma, infatti, attribuisce alle A.d.S.P., tra l’altro, compiti di “…promozione… (omissis) …delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti e nelle circoscrizioni territoriali”.

Dunque è possibile uscire, a mio avviso, da una accezione dei compiti di “promozione” che sia esclusivamente legata e limitata a quella tradizionalmente intesa, riferita allo svolgimento di eventi, quali fiere, convegni, incontri a vario livello con altre realtà produttive ed imprenditoriali, nazionali od estere, ecc.: attività, queste, pur necessarie ed efficaci sul piano della diffusione della conoscenza del “brand” Porto di Livorno.

Intendo, in aggiunta, un significato di “promozione” riferito non soltanto al favore espresso su una “idea”, come avviene, ad esempio, sulla comunicazione e divulgazione dei servizi e sulle opportunità offerte dallo scalo, ma anche alla concreta assunzione di un ruolo, da parte dell’Ente portuale, concretamente propulsivo ed attuativo del lancio e della realizzazione di “un progetto” di uno specifico obiettivo fattuale, comunque corrispondente e conforme alle competenze istituzionali dell’Ente stesso.

In questa positiva e dinamica accezione, non in contrasto con la norma, ma in essa compresa ed implicita, si tratterebbe della “promozione” di una società, con le caratteristiche ben espresse nell’articolo del 2 u.s., realizzativa della rivitalizzazione di un settore, quale quello della attività della riparazione navale, quale attività connaturata ai servizi offerti da un porto che vuol definirsi qualificato. Peraltro non sfugge che questa attività, già vanto nel passato del nostro scalo, non può non essere attrattiva anche nei confronti della tradizionale offerta commerciale di operazioni e servizi portuali. Ciò, naturalmente, a condizione che, nella costituenda società si pongano i presupposti di massima apertura di partecipazione da parte di soggetti privati, di competenza industriale, ma pure di estrazione finanziaria che, sinergicamente, da un lato esprimano la dovuta professionalità di gestione, e d’altro canto siano forniti della occorrente capacità di investimento per la riqualificazione delle strutture, prevedendo anche condizioni, nell’ambito degli scopi prefissi, di apertura a lavorazioni richieste da soggetti terzi mediante apposita regolamentazione e rubriche di interventi.

In effetti, per un progetto di indubbia importanza, è imprescindibile il sostegno dell’iniziativa da parte degli enti locali, Regione, Provincia, Comune, C.I.A.A.A. (quest’ultima quale organismo deputato allo sviluppo economico), inquadrando peraltro il tema del rilancio della riparazione navale, nel quadro delle iniziative poste in campo con riguardo all’“area di crisi industriale complessa” della zona costiera toscana, per la quale è costituita apposita Commissione di livello regionale, come risposta ad una acquisita consapevolezza di una vera e propria emergenza cittadina.

Anche il Governo, dopo aver mantenuto la promessa di  “prendere in considerazione” questo tema delicato nell’incontro del 27 luglio, non potrebbe mancare, in tempi tempestivi, di fare la sua parte per dare contributo alla soluzione del problema. Direi che la crescita del paese non dipende solo dall’emanazione di leggi e/o riforme, ma anche (e forse soprattutto) da interventi operativamente mirati.

Quanto sopra richiama alla mente, per associazione di idee, l’unità di intenti a livello locale che rese possibile, in un diverso contesto storico e con contenuti completamente molto diversi, la realizzazione del Grande Bacino di carenaggio in muratura, mediante la costituzione di un consorzio, in esecuzione dei c.d. “Accordi di Roma” del 1960 raggiunti con l’intervento del Governo, che dettero soluzione ad una fase altamente critica della costruzione navale del Cantiere Orlando, fornendo al porto di Livorno le basi infrastrutturali per l’avvio dell’attività della riparazione navale. In tal modo si dette soluzione alla crisi (dis)occupazionale cui il Cantiere era fatalmente destinato.

A quell’epoca, alla costituzione del consorzio per l’aggregazione operativa di costruzione del Bacino Grande parteciparono enti pubblici, banche e soggetti privati.

Ora è il momento che, in “primis” l’Autorità di sistema, quale organismo propulsivo, (scusandomi per l’ovvio gioco di parole) ritrovi capacità di fare “sistema”, in uno sforzo comune con i poteri istituzionali, con le categorie imprenditoriali e sociali, rimossa ogni contrapposizione politica, ma anche ogni contrasto di concorrenza imprenditoriale.

E’ possibile oggi, sia pur con modalità diverse e proporzioni minori di quanto avvenuto nel lontano 1960, agire nello stesso modo? Si può provare.

Giorgio Gionfriddo

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Pubblicato il
5 Agosto 2017

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