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“Vae Victis” e il bazooka dell’UE

LIVORNO – Ci siamo: com’è da sempre (ricordate le favole di Esopo, con il leone morente preso a calci dal somaro) dove c’è odor di sconfitta si scatenano gli avvoltoi. Quelli che, nel fulgore del potere, osannavano e leccavano i bussoli. Si consumano insomma vendette preventive, in vista della caduta degli Dei dai piccoli ma lucrosi Olimpi delle Autorità portuali. Brutto spettacolo, ma da sempre, Vae Victis. 

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Cerchiamo, finchè è possibile, di non associarci a chi tira ingenerosamente calci fidando nell’impunità o cercando facili consensi in zona Cesarini. I problemi, che ci sono anche nel porto di Livorno, sono tanti: riguardano la Porto 2000 (ne scriviamo all’interno su questo steso numero), riguardano la grande gara per la Darsena Europa, riguardano la guerra tra armatori per i servizi ro/ro e ro/pax con le isole maggiori, riguardano la contesissima radice della sponda est della Darsena Toscana. Tutti problemi insoluti, ormai in attesa della nuova “governance” dell’Autorità di Sistema Portuale. Ma non c’era certo bisogno dell’assist della circolare del MIT per sollevare la “governance” uscente dall’impegnarsi su progetti strategici. Quello che sembra importante è il prepararsi a operare tutti insieme – categorie, imprenditori portuali, armatori e possibilmente anche sindacato – per affrontare i problemi insoluti non con la consueta “guerra dei pollai” ma con una visione unitaria di porto davvero impegnato a risolverli, i problemi.

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Anche perché l’UE sta preparandosi a farci le bucce, con un vero e proprio bazooka. A tutti i porti, non solo italiani: ma specialmente ai nostri. In un rapporto della corte dei Conti dell’Unione Europea (leggiamo nell’ultimo numero de L’Avvisatore Marittimo di Napoli dell’amico Luciano Bosso) si accusa che ben 30 progetti infrastrutturali su 37 analizzati sono “inefficaci”, quindi comportano sprechi o addirittura sono inutili. Sono stati analizzati – dice il rapporto 37 progetti di 19 porti realizzati tra il 2000 e il 2013 in cinque paesi: Italia, Spagna, Polonia, Germania e Svezia. Il risultato – secondo il rapporto –  è che sono stati sprecati circa 300 milioni di euro nella loro costruzione o potenziamento. L’analisi nel dettaglio è impietosa anche per il porto di Livorno: nel settore dei containers, Livorno viene “bollato” di utilizzare solo al 65% la propria potenzialità, mentre punta a una Piattaforma Europa che aspira a raddoppiare o triplicare l’offerta: il tutto però in concorrenza con Genova, Savona e La Spezia, in un arco costiero che dovrebbe puntare – dice la Corte dei conti europea – su un unico grande scalo. Ovviamente lo stesso limite viene riscontrato nell’Adriatico con i porti ascellari, con l’ulteriore complicazione che il “sistema” comprende scali anche su paesi diversi (Italia, Slovenia e Croazia).

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Ha un qualche senso, in pieno avviarsi di una già complessa e articolata Riforma portuale, il rapporto della Corte dei conti UE? E può avere risultati concreti nel ricercare soluzioni che escano dalla logica dei “pollai”? Una cosa è certa: sui porti italiani (e non solo) sta per abbattersi uno tsunami che potrebbe essere positivo o distruttivo a seconda della chiave di applicazione della Riforma. Come sempre, sono anche i tempi di attuazione che contano. Aspettiamo. E speriamo bene.

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
1 Ottobre 2016

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