Ora il forcing sui tavoli di partenariato
ROMA – Ve la ricordate la battuta di chi, anche a fronte dei tanti passaggi imposti dalle leggi, alla fine riesce a fare quello che vuole viaggiando con la volpe sotto l’ascella? Capisco che sia poco rispettosa: ma sembra che stia succedendo proprio così anche per la riforma dei porti. Ovvero: fatta la legge, trovato l’inganno.
[hidepost]Che inganno non è, ma è il giusto dosaggio di quel mix quasi infinito di passaggi dagli organi di Stato che è previsto per ogni riforma.
Andiamo al sodo, e scusate se brutalmente semplifico: di fatto, sembra ormai accertato che il diktat della conferenza Stato-Regioni (proposta De Luca) sulla possibilità di ritardare fino a 3 anni la concentrazione di alcuni porti nei “sistemi”, verrà superato dal ricorso al punto 16 del documento di Bruxelles che approvando la legge di stabilità 2015 dispone che i porti che non attueranno “in immediato” la riforma Madia-Delrio saranno tagliati fuori dai finanziamenti UE da qui al 2020. Ancora più semplificato: non avranno il becco di un euro nemmeno dallo Stato italiano, perché tutti i finanziamenti in infrastrutture sono co-finanziamenti con la UE e mancando questi ultimi si bloccano anche gli altri.
Basterà prendere per fame De Luca e la sua resistenza ad accorpare Salerno per sbloccare quella che avevamo di recente temuto, una riforma a due velocità? A Roma ne sono convinti: ed hanno avuto in questo senso l’assist anche dal Consiglio di Stato, che ha messo il dito proprio su quella piaga, oltre che su altri aspetti (ne abbiamo già parlato) che imporranno una riscrittura (veloce, anzi velocissima: è l’impegno di Delrio) di alcuni passaggi della legge.
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Mentre si è lavorato per disinnescare il pericolo di una riforma a due velocità, è partito anche il forcing per la costituzione dei tavoli di partenariato: quelli (o quello: prevarrebbe l’idea di farne uno solo) nazionali e quelli locali. Gira voce che il grande tavolo nazionale sarà presieduto da Luigi Merlo, che di fatto assume sempre più la veste di una specie di Richelieu di Delrio, nel senso del grande e astuto consigliere (per chi non lo ricorda bene, Armand-Jean du Plessis de Richelieu fu uno dei più brillanti e spietati primi ministri di Luigi XIII re di Francia). Una prima riunione per i tavoli si è svolta nei giorni scorsi al MIT e ne seguiranno altre con un ritmo di 3 alla settimana, un vero forcing. Voglia di correre, ma non solo: il Consiglio di Stato ha “suggerito” che le regole, le partecipazioni e le competenze dei tavoli siano ufficializzati insieme alle regole della “governance”. Oltre al tavolo (o ai tavoli) nazionali, sui quali si opererà sulla base del “consensus” (norma UE mediata dal diritto romano) dovranno essere definite regole e partecipazioni dei tavoli locali, su due livelli: di partenariato “rilevante” e di partenariati “plenario”. C’è naturalmente la corsa, con reciproci spintonate, a essere ammessi da parte di categorie, sindacati, rappresentanze di organismi, lobby. Da ricordare che i “suggerimenti” dei tavoli a chi gestisce l’Autorità di sistema saranno non strettamente obbligatori: ma c’è anche qui un richiamo alla volpe sotto l’ascella, cioè al fatto che se l’Autorità si dovesse discostare dai “suggerimenti” dei tavoli, dovrà fornire adeguata “motivazione”. E’ solo un contentino o si configura un nuovo assetto di tira-e-molla sulle scelte strategiche?
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Viene spontaneo, a questo punto, tirare le fila del ragionamento. Che possono essere sintetizzate (di nuovo: spero di rimanere nel seminato) nella riaffermata volontà del governo di far presto con la riforma, e di smentire i tanti che parlano di rinvii a dopo l’estate. A Roma si sta lavorando sodo, bisogna darne loro atto. E anche se rimangono margini di incertezza, come quello relativo alle nomine dei segretari generali dei porti commissariati – c’è chi sostiene che dal punto di vista strettamente giuridico i segretari devono essere nominati per 4 anni e non per pochi mesi anche in regime commissariale – il rullo compressore è deciso a spianare la strada costi quel che costi per arrivare entro l’estate. Il che significa che il manuale Cencelli è già all’opera su prossimi-futuri presidenti delle Autorità di sistema. C’è da credere che ne vedremo delle belle.
Antonio Fulvi
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