Così parte la Riforma dei porti: con lo screening dei mega-progetti
Una commissione per analizzarne la compatibilità (e il costo per lo Stato) – Il tema della “governance” e i tempi promessi per andare ai decreti – Le indicazioni dell’Europa
ROMA – Dunque, la riforma dei porti non è più una semplice aspirazione: il presidente del consiglio Renzi l’ha agganciata – come si è letto sui quotidiani e sui siti governativi – al piano nazionale della logistica, che a sua volta si riferisce alla pianificazione europea, articolata sulle ormai mitiche reti TEN-T e sui porti “core”.
[hidepost]Tutto bene, anche se per i dettagli dovremo ancora attendere la fine del mese. Renzi e per lui Delrio hanno messo l’asticella a fine luglio: lodevole intento, vista l’urgenza con cui da ogni dove si sollecita la riforma, ma bisognerà vedere che succederà da qui a quella data in campo nazionale e internazionale sul piano delle priorità. Con Gretix in corso, con l’Isis alle porte della Sicilia, con l’ennesima strizzata fiscale in corso per buona parte degli italiani che non ne possono più, sarà in grado il governo – e quale governo, qualcuno si chiede? – di mantenere la promessa?
C’è chi dice che le buone intenzioni si vedono da un fatto concreto: da lunedì scorso si è istallata una specie di commissione super-tecnica per valutare finalmente la compatibilità e la redditività effettiva delle centinaia di mega-progetti con cui tutti i porti italiani, dal più grande al più modesto, aspirano a diventare hub o quasi. Commissione benvenuta, sia chiaro: anche se è difficile capire ad oggi in base a quali criteri valuterà i progetti e i relativi finanziamenti alla lune di una pianificazione portuale nazionale che ancora non c’è. Qualche esempio: la piattaforma Offshore di Venezia, caparbiamente sostenuta dal presidente Costa, sarà ammessa o no? E dopo il default dell’ex-hub Evergreen di Taranto, cosa succederà sulla concessione delle banchine del TTC? Ci andranno altri traffici containers o che? Infine: scontato che l’assurdo matrimonio tra le Autorità portuali di Livorno e Civitavecchia non s’ha da fare, se per la Piattaforma Europa ci sono già impegni precisi per quasi metà del finanziamento da parte pubblica, andrà ancora avanti l’aspirazione del “Porto di Roma” di diventare anch’esso porto container?
Da tutte le indicazioni emerse in questi giorni sulle linee della riforma Renzi-Delrio (con il grimaldello dei decreti Madia eccetera) è rimasta fuori la definizione della “governance”. Non un dettaglio. E c’è da giurarci che su questo tema le cose non andranno lisce senza scontri. Ammesso che il governo sia ancora in grado di gestirli, gli scontri interni. E specialmente di vincerli.
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