La riforma i politici il metodo
ROMA – Da tempo si chiedono tempi brevi per la legislazione, ce lo ricorda l’impegno al superamento del bicameralismo perfetto. Certo non è facile trovare un sistema con metodi democratici che rappresenti gli elettori in modo veloce ed affidabile. La strada è impervia, la crisi economica stringe, le soluzioni urgono ed i rimedi sono sotto i nostri occhi: il Governo che si sostituisce al Parlamento.
[hidepost]Da dati di Openpolis il processo legislativo nasce per l’80% dall’iniziativa del Governo con un 30% di queste proposte che diventano leggi in tempi medi stimati in 112 giorni mentre, del restante 20% di iniziative provenienti dal Parlamento, solo un 1% diventa legge in tempi triplicati (337 giorni). Ma fa un certo effetto ascoltare nel corso del recente convegno organizzato da Ancip i “nostri” politici, appartenenti ad opposti schieramenti, chiedere aiuto. Il tema è la riforma della legge 84/94 ed Altero Matteoli, presidente dell’VIII commissione trasporti del Senato, lo fa apertamente: “E’ vero, siamo stati correttamente convocati dal ministro Lupi per discutere della riforma, ma da quando abbiamo mostrato la nostra perplessità su alcuni punti, come ad esempio quello della drastica riduzione del numero delle Autorità portuali, non solo non ne abbiamo più potuto parlare ma, sarà un caso, la Ragioneria non ci manda quella relazione tecnica senza la quale non possiamo avere il parere dalla commissione Bilancio ed andare avanti. Di fatto siamo bloccati da mesi nel nostro lavoro nonostante i continui, quotidiani solleciti; aiutateci anche voi a fare pressione”. Ed il senatore Marco Filippi, componente della stessa commissione in Senato non smentisce, al contrario, rafforza il concetto: “C’è apprensione per le scelte che partorirà il Governo e comunque basta con le ambiguità, i tempi delle decisioni sono maturi”. Secondo Filippi c’è da troppo tempo un lavoro in corso ed è oggi necessaria la definizione dell’orientamento della politica del Governo, ancora non chiara, anzi, da parole sue “ palesemente coperta”. Necessità di trasparenza dunque, con riforme fatte in Parlamento, istituzione centrale della democrazia, e velocità nella indispensabile revisione per non fare ulteriori passi indietro a discapito dei traffici togliendo al più presto quel velo alla “misera relazione tecnica della Ragioneria”.
Voce in parte fuori dal coro, quella di Michele Meta, presidente della commissione Trasporti della Camera che, ricordando la delega fornita dallo stesso cluster marittimo al ministro Lupi, attende la proposta del Governo senza particolare timore convinto di poter poi, al momento opportuno, discutere senza dover fare sconti su quanto non riterrà adeguato alle necessità del Paese (al Disegno di Legge seguirà un piano strategico che si tradurrà in altro provvedimento da far esaminare alle due Camere). Ed allora sorge un dubbio al comune mortale: non sarà che abbiamo solo allungato ancora di più quei tempi che dovevano essere brevi, brevissimi?
Riguardo agli intenti parlamentari emersi dagli interventi al convegno dei tre esponenti: oltre ad una riduzione delle autorità portuali, non eccessiva ma dimensionata alla particolare realtà geografica italiana, Matteoli è orientato verso un disegno di porti che fanno sistema tra loro perseguibile con il fondamentale parere del cluster. Importante, secondo Filippi, l’integrazione dei porti con la logistica per fluidificare i mercati di consumo con quelli della produzione e, da parte sua, parere negativo alla privatizzazione dei porti se non per capitalizzare davvero: ma, attenzione – le municipalizzate insegnano – c’è il forte rischio che serva a coprire gli interessi di pochi. E poi un richiamo alle funzioni proprie delle istituzioni: il ministro deve rispettare le procedure e – ad invarianza di legge (84/94) – nominare presidenti e non commissari. E su questo punto c’è piena concordanza con Meta.
Certo c’è tanta materia da dirimere per i politici, a patto che glielo lascino fare.
Cinzia Garofoli
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