Riforma portuale: i tanti “ni” di Ancip
L’associazione delle compagnie-imprese ha illustrato le sue controproposte al testo in elaborazione – Le linee sui servizi tecnico/nautici – Pujia: riportare la governance al centro

Nella foto: (da sinistra) Felicio Angrisano, Roberto Rubboli, Marco Dalli, Tirreno Bianchi, Davide Tassan e Allen Boscolo.
ROMA – Forte e chiaro: il messaggio dell’Ancip (l’associazione delle imprese delle Compagnie portuali) sulla riforma portuale, in corso d’opera, è arrivato dal convegno di mercoledì al “Centro Carte Geografiche” come già anticipato dal presidente nazionale Marco Dalli agli stati generali della logistica. Ovvero: ben venga la riforma, ma senza destabilizzare l’art. 17 della legge 84/94, anzi potenziandolo e migliorandolo: accorpando le Autorità portuali secondo le specializzazioni e il loro effettivo valore, dando loro l’autonomia finanziaria necessaria a funzionare; attenti inoltre a non ampliare la forbice tra porti del Nord e del Sud, valorizzando anche e specialmente le risorse umane, con la formazione dei lavoratori anche sulla sicurezza.
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Il pubblico presente al convegno.
Tanti temi nell’arco di una mattinata quasi convulsa per la quantità e la qualità degli interventi. Il dibattito è stato introdotto dal direttore dell’Ancip Roberto Rubboli, che ha detto con chiarezza come nell’impianto della riforma in itinere ci siano anche proposte che non convincono e da correggere totalmente. Gli ha fatto eco l’ammiraglio ispettore Capo Felicio Angrisano, comandante delle Capitanerie di porto, che nel suo articolato intervento ha ricordato la necessità di chiarire una volta per tutte ruoli e competenze tra Autorità portuali e Marittime, ha dato atto alle Dogane di una rivoluzione che ha portato a risparmiare dal 30 al 50 per cento dei tempi operativi sugli scali, ha ricordato che sulle concessioni demaniali siamo nella disciplina consolidata dalla UE ma in alcuni casi “il Codice della Navigazione è stato usato male”, ed ha infine spezzato una lancia a favore dei servizi tecnico-nautici, per i quali una liberalizzazione come alcuni propongono “sarebbe effimera”.
Il tema della riforma portuale è, ovviamente, ecumenico o quasi. Ovvio dunque che ne abbiano parlato, ciascuno dal proprio punto di vista, i rappresentanti di tutte le categorie (Angopi, Assiterminal e Assologistica tra i principali attori) e sindacati compresi. Stefania Visco per Federimorchiatori e Luca Vitiello per Assorimorchiatori hanno entrambi – sia pure con tematiche diverse – difeso il sistema in vigore in Italia ricordando che pone in primo piano la sicurezza, che è soggetto a gare estremamente garantiste e che sotto molti aspetti è più avanzato di quelli in essere in altri scali del Nord Europa. Per Vitiello in particolare il testo della proposta di riforma è addirittura “violento” sul tema dei servizi. Stefania Visco ha richiamato il governo a non svuotare il Parlamento delle sue attribuzioni con una riforma “calata dall’alto”. Applausi ad Andrea Appetecchia (Isfort) che ha espresso una ferrata critica sull’eccesso di importanza che in Italia si darebbe ai traffici containers, quando la grande maggioranza delle merci viaggia sui ro/ro con i Tir. A sua volta Pasqualino Monti, presidente di Assoporti (e uno dei “saggi” della riforma) ha difeso il criterio di una programmazione nazionale dal centro con il ministero delegato a riappropriarsi della politica portuale – siamo alla necessità di garantire la sopravvivenza del sistema – con l’invito a sviluppare il cargo sui binari, ma anche a valutare la reale portata degli scali marittimi. Per le commissioni parlamentari hanno parlato Marco Filippi ed Altero Matteoli (Senato) e Michele Meta (Camera) riferendo gli impegni del Parlamento e il lungo lavoro delle due commissioni per preparare la base della riforma in corso d’opera.
Tra gli interventi istituzionali, articolato quello di Enrico Maria Pujia, direttore generale dei porti al ministero delle Infrastrutture e anch’egli membro della commissione dei 15 “saggi” impegnati nella riforma. Ha ricordato che la complessità dei temi ha fatto rinviare la presentazione finale del testo, che il suo ministero ha avuto una “strizzata” epocale con il passaggio da 7 a 3 direzioni, ma che l’impegno è di un rilancio della portualità in chiave di un più generale sistema logistico facente capo anche alle grandi linee dell’UE. Per Pujia vanno anche risolti in chiave urgente i temi relativi ai dragaggi portuali, oggi condizionati da norme troppo punitive, vanno velocizzate le procedure per l’utilizzo dell’LNG sui porti e per le navi, e per l’obiettivo di difendere la propria competitività portuale nel Mediterraneo occorre che la governance dell’intero sistema portuale sia gestita dal centro, ovvero a livello di ministero, con piani organici non soggetti alle spinte centrifughe locali.
C.G.
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