L’assurdo delle “vasche” all’italiana
ROMA – Davvero, sembra di essere in piena crisi schizofrenica: da una parte il governo, per bocca dei suoi ministri, batte i pugni sul tavolino annunciando sfracelli contro i tempi lunghi della burocrazia all’italiana, che frena o addirittura strangola la competitività.
[hidepost]E dall’altra, come se nulla fosse, inchioda interventi urgenti ed essenziali come i dragaggi a vecchie (e spesso inutili e sorpassate) normative che impongono mesi e mesi di “pratiche”.
E’ il caso denunciato in questi giorni dal commissario dell’Authority di Napoli Francesco Karrer, che ha deciso di impugnare al ministero dei Trasporti il dicktat dei burocrati dell’Ambiente sul dragaggio portuale. A fronte della riconosciuta urgenza di approfondire i fondali, l’Ambiente impone in via prioritaria di testare “l’impermeabilizzazione effettiva della vasca di colmata”, condizione prioritaria per avviare progetti, e quindi gare, e quindi il dragaggio. Se ne parlerà, rispettando queste prescrizioni, alla fine dell’anno, sempre che l’impermeabilizzazione risulti a prova di bomba. Una bella grana alla quale sta dedicandosi in prima persona, a fianco di Karrer, anche il riconfermato segretario generale Squillante.
Quella delle vasche di colmata tra l’altro è una delle più grosse trappole in cui i porti sono caduti da quando – Mascazzini “regnante” al ministero dell’Ambiente – fu imposto nelle aree classificate SIN di renderle totalmente stagne sul fondo, per evitare eventuali trafilaggi inquinanti. Intenzioni buone: ma come si dice, di buone intenzioni è lastricata la strada dell’inferno, visto che le vasche impermeabilizzate sul fondo non si stabilizzano per anni, impedendo così di utilizzarle come preziosi piazzali portuali, malgrado la sete di questi ultimi che ogni porto denuncia. Ne sa qualcosa Livorno che sta completando il riempimento della seconda vasca ed ha ancora la prima inutilizzabile per i piazzali perché è una palude: e sta premendo sulla Regione – subentrata all’Ambiente con il passaggio da sito SIN a sito SIR – per forare l’impermeabilizzazione e finalmente creare le basi stabili per nuovi piazzali portuali.
Problemi enormi dunque, non solo a Napoli e a Livorno ma un po’ ovunque, per i dragaggi portuali. Problemi che in altre parti d’Europa gli scali non hanno. Problemi che addirittura gli altri scali europei spesso risolvono a quelli italiani – ovviamente a caro prezzo – ricevendo i nostri fanghi d’escavo che bellamente impiegano per aumentare i loro piazzali (che ovviamente ci faranno concorrenza). Se n’è parlato allo sfinimento e la prossima settimana, come scriviamo in questo stesso numero, ci sarà sul tema l’importante convegno di Roma. Sperando che una volta per tutte si possa passare dalle tante parole ai fatti concreti. Perché di sole chiacchiere i porti italiani muoiono.
Antonio Fulvi
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