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La piaga dei rifiuti illegali e del loro trasporto via mare

I controlli extra-tributari dell’Agenzia e i dati sui traffici dei veleni, oggi in crescita verso il terzo mondo

Nella foto: (da sinistra) Massimo Ricasoli, Maria Gloria Giani e Luigi I. Garruto.

LIVORNO – La recente conferenza organizzata dalla presidente del Propeller labronico Maria Gloria Giani sul tema delle spedizioni illecite dei rifiuti ha permesso di sviscerare i gravi pericoli che esse provocano, oltre che all’economia, all’ambiente e alla salute pubblica. Il fenomeno illegale, cavalcato soprattutto dalla mafia poiché estremamente redditizio e difficilmente controllabile, è stato trattato da Luigi Igino Garruto, responsabile Area Verifiche e Controlli dell’Agenzia delle Dogane di Livorno insieme al direttore dell’Agenzia stessa, Massimo Ricasoli.
[hidepost]Le dogane, per loro ruolo, sviluppano molte attività extra tributarie tra le quali quelle di polizia giudiziaria ed antifrode ed in questa veste sono coinvolte nell’argomento. Verso la fine degli anni ’80 nelle terre del sud Italia (ma anche altrove, in Toscana basta pensare a Paterno, nel Mugello) erano già stati interrati 10 milioni di tonnellate di veleni con danni per l’ambiente che perdureranno decine di anni se interverranno costose bonifiche e che saranno invece irreversibili ove queste non siano eseguite. Studi del ministero della Sanità rilevano un aumento della mortalità strettamente correlato con la presenza di sostanze tossiche nei rifiuti; fra i tanti dati inquietanti, spicca quello dell’Istituto Superiore della Sanità che ha accertato in Campania un enorme tasso di incidenza tumorale nei bambini al di sotto di un anno di età. In seguito alla maggiore attenzione posta nell’ultimo decennio verso i rifiuti illeciti dall’Italia e dai paesi europei si assiste ad uno spostamento delle rotte di tali traffici, da questi territori verso l’estero, in particolare verso i paesi più poveri (ed economici) o la Cina. Conseguentemente l’Agenzia delle Dogane, quale osservatorio privilegiato per lo studio del fenomeno, assume ancora più importanza e già nel 2009 sottoscrive una convenzione con la direzione nazionale antimafia (DNA) dando un valido input a questa difficile guerra. Aspetti tecnici, come anche la difficoltà nel mantenere la tracciabilità di tali rifiuti una volta imbarcati, e normative complesse, richiedono impegno e studi analitici, e proprio partendo dall’accurata analisi della situazione forse più macroscopica e pericolosa, quella della Cina, è iniziata la panoramica del dottor Garruto. Lo stato cinese, carente di materia prima, raccoglie questi rifiuti a buon mercato per lavorarli a bassi standard di sicurezza per poi rispedirli in tutto il mondo, incluso l’originario mittente, sotto forma di svariati prodotti con gli ovvi effetti dannosi per i consumatori finali. Ed i dati ambientali del paese asiatico, dove tutto ciò avviene, forniti da Luigi Garruto, già pessimi nell’immaginario collettivo, sono risultati ancora più gravi; solo per citarne alcuni significativi: 400/500 microgrammi di particelle di inquinamento in un metro cubo di aria a Pechino (contro un 25 mcg/mc limite fissato dall’UE e contro un nostro 36-37,5 mcg/mc), fotosintesi clorofilliana a rischio e 60% di falde acquifere inquinate. Come si può reagire a tutto questo? Lo stato italiano – ha spiegato Garruto – ha messo in campo il testo unico per l’ambiente che, con gli articoli 259/260, si pone come una normativa fra le più penetranti rispetto a quelle degli altri paesi. Con questa norma ci si può rivalere anche sulle quote societarie quando si rilevano illeciti compiuti a svantaggio della comunità. Oppure si può fare ricorso all’art. 160 del D.L.231/2001 sui reati transnazionali, che ha in seguito ridefinito questi illeciti come reati di grave allarme sociale in quanto divenuti habitat di camorra e mafia. Con questo passaggio alla commissione antimafia si sono avuti strumenti investigativi ancora più efficaci ma il contenimento del fenomeno resta difficile poiché il traffico illecito, una volta individuato, si sposta altrove, in zone più tolleranti. Secondo Garruto la sfida risiede dunque nel contrastare il circuito vizioso per farlo diventare virtuoso combattendo le ragioni del profitto che spesso prevalgono su quelle della tutela, collaborando a livello nazionale e comunitario, senza cedimenti, e richiamando in ogni soggetto parte della filiera la necessità di scelte consapevoli orientate al raggiungimento del bene comune.
A fine conferenza dagli operatori presenti si è sollevata la richiesta unanime di linee guide da parte dell’Agenzia delle Dogane per poter meglio individuare il rischio che si annida nelle merci containerizzate – della cui leicità non è possibile avere certezza quando provenienti da clienti non fidelizzati – e non concorrere inconsapevolmente a questo tipo di reato. La richiesta è stata raccolta da parte del dirigente Massimo Ricasoli che ha preannunciato corsi per preparare gli operatori, ove possibile, ad intercettare l’illecito, non nascondendo comunque le difficoltà date dagli attuali tempi, estremamente veloci, dovuti alla semplificazione delle operazioni doganali: 15 milioni di operazioni, il 92% di quelle effettuate nel 2013, svolte in tempi valutabili fra i 15 secondi e i 5 minuti. A questo risultato, fortemente voluto da ogni categoria a garanzia della competitività dei traffici, non si può certo rinunciare.
In apertura di serata da parte del direttore dell’Agenzia delle Dogane Massimo Ricasoli era stata manifestata la volontà di un nuovo incontro con il Club nei primi mesi del 2015 per relazionare sull’andamento della procedura dello sdoganamento in mare, operativa a Livorno dal 1º ottobre e con già 5.600 pratiche all’attivo, trovando il pieno consenso della presidente Maria Gloria Giani.
Cinzia Garofoli

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Pubblicato il
29 Novembre 2014

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