Porti, la sagra dei commissari
Porti, la sagra dei commissari

Emanuele Grimaldi
LIVORNO – Bisognerà pur farcene una ragione: anche se non è facile, per chi aspetta da quasi vent’anni una riforma portuale “urgente”, accettare la realtà dei fatti: cioè che dopo tanti annunci la riforma della riforma è ancora tutta da costruire. E nella migliore delle ipotesi, potrà cominciare il suo iter (sottolineo: cominciare) non prima della prossima estate.
A poco sono servite le frustate – sia pure date con il consueto stile – di Emanuele Grimaldi nella recente assise di Confitarma. A poco la montante protesta – per ora sottopelle, ma non si sa fino a quando – del cluster marittimo e portuale, che chiede urgenze costantemente tradite.
[hidepost]E le Autorità portuali non solo si trovano ad operare con una legge dichiaratamente non più adeguata – quindi con pesanti perplessità su alcune delle loro stesse funzioni – ma hanno ormai la percezione precisa che siano entrate in un regime di generale commissariamento degli scali italiani. Con metà degli enti già sotto commissario e con la quasi certezza che mano a mano arriveranno le scadenze dei presidenti, non ci saranno nomine statutarie ma altri commissari.
Della serie: a questo punto invece dello stillicidio mortificante e paralizzante che ci si attende, non sarebbe stato più logico varare una norma generale che prorogasse i presidenti in carica, indipendentemente dalle scadenze, fino all’approvazione della legge di riforma? Con tutte le perplessità che potrebbe suscitare un tal provvedimento – premiare quelli giusti e quelli “sbagliati”- ci sarebbe stata se non altro una continuità amministrativa che i commissariamenti quasi sempre non consentono. E si eviterebbe che i porti finissero in una specie di regime “del non fare” proprio nel momento di massima acutizzazione della concorrenza internazionale e delle scelte delle grandi alleanze armatoriali.
Per un governo “del fare” l’ennesimo rinvio della tanto necessaria riforma non sembra proprio essere il massimo dell’efficienza. E il silenzio quasi generale significa rassegnazione?
Antonio Fulvi
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