La Riforma della 84/94 a fine mese ma tanti dubbi frenano le aspettative
Più Autorità di quanto aveva promesso Lupi, ruoli forse depotenziati dei presidenti a favore dei segretari generali, il contrattacco delle Capitanerie di porto e sui servizi tecnico nautici – Il problema dei tempi di attuazione
ROMA – E alla fine, sembra proprio che “Habemus Papam”: insomma che la sospirata riforma della riforma portuale sia davvero in dirittura d’arrivo.
[hidepost]Con il decretone omnibus atteso a fine mese, il disegno di legge 370 uscirà dal minestrone come aveva promesso il ministro Lupi già da primavera. Ma uscirà, a quanto si sente dire, parecchio annacquato, almeno secondo le prime bozze che lo stesso Lupi aveva fatto circolare. Uno dei cambiamenti più significativi è il taglio nel numero delle Autorità portuali: Lupi aveva parlato di 5° 6 macro-realtà di sistema, derivanti dall’aggregazione secondo le linee TEN-T europee, il compromesso con Debora Serracchiani – potentissima vice di Renzi – le ha fatte diventare 14 o 15, secondo il criterio dei sistemi regionali. E che la tesi del Pd abbia prevalso su quella del ministro lo sta confermando a destra e a manca anche il senatore Marco Filippi, in interviste a sostegno dell’ultima stesura della tormentata riforma.
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Sugli accorpamenti, come già si è scritto, s’è scatenata la solita bagarre di chi non vuole essere “declassato”: Genova non va bene a Savona, Carrara mugugna per entrare nell’orbita di La Spezia, Piombino irride a Livorno che tra poco avrà fondali peggiori dei suoi, Salerno minaccia la guerra a Napoli, Venezia e Trieste si guardano in cagnesco e via così. Ma il tema degli accorpamenti non è l’unico a suscitare scintille: c’è il depotenziamento dei comitati portuali, c’è la nomina dei presidenti praticamente avocata a Roma. E c’è, in particolare, il tentativo di disinnescare la “mina” della qualificazione professionale dei presidenti, che ha provocato il noto sconquasso a Cagliari (caso Massidda) ed ha spinto Lupi a commissariare pressochè tutti i porti con i vertici in scadenza. La linea portata avanti dal Pd è adesso che la qualificazione professionale specifica non è tanto importante per i presidenti quanto per i segretari generali, che sono i veri tecnici e i garanti della professionalità delle scelte: tant’è che è il segretario generale e non il presidente il responsabile della pianificazione dei porti e di altri importanti passaggi. Se prevarrà questa tesi – da codificare nel decreto con estrema chiarezza – cambieranno ovviamente anche i rapporti di potere all’interno delle Autorità portuali: con il ruolo dei presidenti simile a quello nelle Spa, mentre i segretari generali diventeranno di fatto una specie di amministratori delegati.
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Altro punto di scontro è l’attribuzione del controllo dei servizi tecnico-nautici. La legge 84/94 ha lasciato margini d’incertezza tra le competenze delle Autorità portuali e quelle delle Autorità marittime (Capitanerie) e c’è stato da parte di queste ultime un lungo lavoro di lobby per recuperare gli spazi perduti, oggi tutti concentrati sulla sicurezza (che a sua volta può essere tutto o quasi niente). Sembra che le Capitanerie riescano a recuperare alcuni spazi importanti e Felicio Angrisano ci ha lavorato molto, di spada ma specie di fioretto. Alle Capitanerie brucia molto la continua, sottile – e non sempre sottile – erosione dei propri compiti istituzionali da parte di altri corpi. Anche se Renzi aveva promesso una razionalizzazione dei servizi di vigilanza e pattugliamento in mare – l’Italia ha il record dei corpi militari e paramilitari che pattugliano le coste e l’altura, si veda anche in questo numero l’arrivo di una nuova classe ammiraglia per la Finanza – il risultato sembra lontano dalle aspirazioni di Angrisano e dei suoi. E del resto non è un mistero che la stessa Marina Militare ogni tanto sbuffi per il supposto “trattamento di favore” alle Capitanerie sul naviglio e sui finanziamenti. Insomma, la riforma della riforma difficilmente riformerà anche i tanti conflitti tra corpi dello Stato.
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Non meno importante e dibattuta la questione dei tempi di attuazione delle norme portuali che entreranno in vigore con il decreto “Sblocca Italia”, in discussione il 29 agosto. I decreti hanno immediata attuazione (salvo poi passare dal parlamento dopo 60 giorni: e nelle aule possono essere letteralmente disinnescati) ma è difficile pensare ad accorpamenti delle Authorities immediati e alle altre rivoluzioni operative in tempi brevi. E’ stato già scritto: avverrà come l’abolizione delle Province, che è come il coro dell’Aida. Tutti cantano “Partiam, partiam…” ma nessuno si schioda per ore dal palco.
A.F.
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