Porti italiani e futuro europeo: il libro di Costa e il sogno di Lupi
Torna d’attualità la rivoluzione della organizzazione dei trasporti nel nostro paese – Il richiamo di Romano Prodi al “niet” degli Usa alle mega-portacontainers – Il ruolo del Mediterraneo e i tanti dubbi all’interno di Assoporti
ROMA – Un’intervista del ministro Maurizio Lupi a uno dei grandi quotidiani nazionali, una prefazione “pesante” di Romano Prodi al recentissimo libro di Paolo Costa e Maurizio Maresca sul “Futuro europeo della portualità italiana”, un richiamo da parte di mezza dozzina di presidenti delle Autorità portuali che contano a Pasqualino Monti perché affronti in Assoporti il tema della riforma della 84/94 e delle proposte di Lupi: sono questi i punti di partenza – sperando che siano anche d’arrivo – per la politica italiana della logistica marittima nel nostro paese nell’anno che è appena cominciato.
[hidepost]Partiamo dall’ultimo punto, Assoporti. Il presidente Monti, subentrato nella carica (per la discutibile alternanza annuale che regola l’assise delle Autorità portuali del dopo Nerli in una riedizione del manuale Cencelli non a tutti gradita) si sta barcamenando tra le istanze di chi difende a spada tratta lo status quo (tutte le Autorità esistenti, magari con più poteri gestionali e ovviamente più risorse) e chi, sulle linee anticipate dal ministro Lupi proprio in assemblea d’Assoporti, guarda a una decimazione delle stesse a favore di pochi sistemi logistici integrati, che comprendano anche i collegamenti ferroviari, i retroporti e le aree industriali. Pasqualino Monti è un giovane pragmatico e intelligente, ma reggere in questo momento un’Assoporti squassata da divergenze strategiche, giustificati scetticismi (vedi Di Marco) ed arroccamenti richiede doti da funamboli. Vedremo che succederà nella prossima assemblea: perché se dovesse uscirne una posizione pasticciata e compromissoria, potrebbe essere il De Profundis per un’associazione che da tempo non brilla per autorevolezza verso il governo, malgrado l’indubbia capacità di molti.
Molto dipenderà anche dall’impegno del ministro. Maurizio Lupi sta andando a fasi alterne, e sulla riforma dei porti sembra aver adottato una strategia “carsica”. Alla sparata in Assoporti – pochi sistemi portuali articolati, grandi riferimenti alle reti TEN-T, logistica integrata al massimo, investimenti mirati e non a pioggia – sono seguiti lunghi silenzi, forse dovuti anche alle problematiche interne (e che problematiche!) per la sopravvivenza del governo. Nei giorni scorsi però il ministro Lupi è tornato a parlare, promettendo in intervista una rivoluzione copernicana della logistica nazionale, senza derogare dalla linea dirompente annunciata in Assoporti.
Significativo che tra i più accaniti avversari di questa linea ci siano i sostenitori (politici) della “riformina” della 84/94 il cui testo, faticosamente approvato in commissione parlamentare, è ben lontano da soddisfare alcuno.
A dare man forte alla linea Lupi, mutatis mutandis, è arrivato adesso il ponderoso libro scritto a quattro mani dal presidente dell’Autorità di Venezia Paolo Costa e dall’ex presidente dell’Autorità di Trieste Maurizio Maresca, con l’altrettanto ponderosa doppia prefazione di Romano Prodi e di Luciano Violante. Sintetizzarne le tesi in un breve articolo di giornale è difficile: e anche pericoloso. Significativo che Romano Prodi, nell’affrontare il dibattuto tema che già è stato oggetto dell’Euro Mediterranean Forum di Livorno (gigantismo navale e gigantismo portuale) si rivolga alla politica dei trasporti della UE ad oggi protagonista solo di grandi sogni pindarici ed altrettanto grandi fallimenti (vedi De Palacio) invitando l’unione europea a imitare la scelta degli USA, unici al momento ad “aver posto un limite dimensionale alle navi che li servono sulla costa occidentale”: non tanto come forma di protezionismo, quanto perché alla crescita dimensionale delle navi dovrebbero far fronte crescite dimensionali (e di servizi) dei porti, costosissime e di dubbio ritorno economico. E Prodi insiste anche sulla grande occasione per i porti italiani del prossimo, ormai certo sviluppo dei traffici tra nord e sud del Mediterraneo, chiedendo un progetto “ad hoc” che sia strettamente connesso alle reti di trasportistica su gomma e specialmente su ferrovia.
Ci sono speranze che l’Italia possa muoversi in questa direzione? Paolo Costa, insieme a Luigi Merlo, Marina Monassi e Giuliano Gallanti, spinge sui sistemi portuali complessi, che dovrebbero accorpare in non più di quattro o cinque grandi distretti l’attuale polverizzazione dei porti italiani. Sembra la linea scelta dal ministro Lupi, ma non mancano le resistenze. E come ricorda Luciano Violante, sempre nella prefazione del libro di Costa e Maresca, la stessa Corte Costituzionale italiana, affrontando il tema della legge istitutiva della nuova Autorità dei Trasporti, ha di recente dichiarato il comparto dei trasporti nel nostro paese “quello più refrattario all’innovazione, il più consociativo e più ispirato da logiche protezionistiche”.
Davvero, non rimane che un augurio sincero a Lupi, a Monti e a chi, con loro, vorrebbe dare un futuro europeo alla nostra portualità: io, speriamo che me la cavo…
Antonio Fulvi
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