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Assoporti e la riforma

I richiami al governo ed alla classe politica per valorizzare il cluster marittimo

Pasqualino Monti

ROMA – Assoporti vestita di nuovo: ovvero la prima assemblea con il nuovo presidente Pasqualino Monti e con il nuovo consiglio direttivo, in cui alle tante conferme – Massidda compreso – fa riscontro l’uscita (volontaria, è stato ribadito) di Luciano Guerrieri prontamente sostituito da Sergio Prete di Taranto.
Come sempre, l’assise di Assoporti è stata la sintesi dei tanti problemi della portualità italiana, compresa la sentenza del Consiglio di Stato che – come ha ribadito Pasqualino Monti – ha chiarito alcuni aspetti della legge 84/94 ma ha aperto altrettanti dubbi interpretativi. E la vicenda delle nomine alle Autorità portuali – quelle in fieri e quelle meno prossime – innescandosi con la sentenza del Consiglio di Stato spinge l’organizzazione dei porti italiani a premere ancora di più per una revisione della legge di riforma – vecchia ormai di vent’anni – che trasformi le stesse Autorità portuali in enti economici, vere e proprie Spa non solo di promozione ma anche di gestione dei porti.
[hidepost]Ce l’ha insegnato mezza Europa – è stato il leit motiv dell’assemblea di ieri – comprese le riforme messe in atto di recente anche da Francia e specialmente da Spagna: riforme che hanno prodotto velocemente un rilancio degli investimenti sia pubblici che privati in quei porti.
Dall’assemblea pubblica nella sede di Roma Eventi, dopo il saluto di Monti e le relazioni “tecniche” di Lanfranco Senn (“I driver del cambiamento per i traffici portuali italiani”) e di Carlo Pelanda (“Il sistema portuale come fattore del traino competitivo in Italia”) ci sono stati gli interventi della tavola rotonda dei presidenti (Grimaldi per Confitarma, Dardanello per Unioncamere, Bassanini per Astrid, Regina per Confindustria. Temi noti, esposti con passione ma anche con la stanchezza della costante ripetizione – e li sentiamo da anni – di soluzioni che dovrebbero essere alla base di una politica realistica sulla portualità: e che invece rimangono perennemente in stand-by tra lacci e lacciuoli della burocrazia pubblica: impedendo tra l’altro gli investimenti privati dei grandi network, che pure potrebbero esserci. E al ministro Lupi – che oggi tiene in mano il cerino acceso di tante incompiute precedenti – non rimane ogni volta che promettere la propria buona volontà e l’impegno ad accelerare una vera riforma. Ammesso che anche lui se la cavi, viste le acque in cui il governo naviga.
A.F.

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Pubblicato il
30 Ottobre 2013

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